martes, 30 de junio de 2015

UE: LE AQUILE NON VOLANO SU BRUXELLES


La Germania Tri-Campione Europeo di default (1932, 1939 e 1948)



Tito Pulsinelli La catena si rompe sempre quando cede l'anello più gracile, e via via si sfrangia tutto il resto, sotto il carico d'un peso crescente, impossibile da suddividere e assorbire. Preferiscono investire a fondo perduto in Ucraina, ma non per salvare la coesione sociale nell'arcipelago ellenico. Scommettono le ultime fiches su una guerra civile in Ucraina e per un boicottaggio autolesionista antirusso, non per tentare di frenare lo sgretolamento del blocco europeo. Cade la maschera perbenista dal volto di chi importava all'ingrosso braccia per favorire il crollo del

Europa: Salvare la pace sconfiggendo le elites qui
prezzo del lavoro. Paria senza diritti, destinati a rimanere sempre tali nel nuovo Eldorado. Profitti per pochissimi, "diritti umani" per tutti, diritti sociali per nessuno.

Prevale l'accanimento megalomane dei guitti, posseduti dalla pedagogia punitiva del "colpire un Paese per educarne dieci". Non c'è altra via e vita possibile al di fuori della dittatura finanziaria e della legge del taglione dell'usura. Questo è quanto sta più a "cuore" ai vertici dell'UE, ai ricattatori del Baltico e ai satelliti calvinisti utilizzati dalla baldanzosa Berlino. Eppure la Germania ha detenuto l'alloro di campione in debiti per tutto il XX secolo. E' fiera per non averli mai pagati, grazie ai condoni e ai prestiti ottenuti dall'esterno. Gode per il castigo inflitto alle economie untermenscht del sud. Si inebria per l'incapacitá di articolare un blocco europeo credibile e per non saper concepire una egemonia intelligente e complementare. Brindano, i meschini, al proprio vassallaggio eterno agli USA, come se non fossero la prima economia continentale. 

Si sapeva che su Bruxelles non volano le aquile, sia per il mefitico cielo privo di luce, sia perchè non volano mai in branco. Lì allignano solo campioni di autogol, protesi arcaiche dell'Europa dei banchieri: autoritaria, elitista, aggrappata all'utopia libresca di "Mercato&Moneta", lontana e con sprezzo del consenso popolare. Una entità informe priva di geopolitica e difesa autonoma, arrivata infine all'epilogo. Pervenuta al prosaico senza mai passare per il lirico, è ormai sul baratro e si spera che ci risparmi un finale tragico.



Si sgretola poco a poco, mentre dai minareti delle Borse continuano a chiamare all'obbedienza al "libero mercato" e all'economia come valore assoluto, unico ed eterno. Dal fondo della psiche collettiva, qualcosa si è rotto e si osa sfidare gli impuni e i potenti. Si capta un sommovimento iniziale di forze  sismiche, riattivate contro le strutture del potere reale della nuova oligarchia oscurantista. L'esorcizzazione preventiva contro il "populismo" e il "sovranismo", sono stati sputi che adesso tornano al mittente. C'è "sovranismo" all'est e quello del sud, entrambi invisi alla banda dei Commissari perchè puntano a sottrarre i governi dalle grinfie del potere finanziario, per recuparere il controllo delle Banche centrali, della moneta e del territorio. Vale a dire i preliminari indispensabili per il ritorno all'equità.

Il crollo è vicino, non sarà verticale, piuttosto un'agonia provocata da mille tagli e ferite. Tantomeno c'è un percorso unico, sotto bandiere con medesimo formato e colore, per bloccare la marcia -finora trionfale- del nichilismo economico. Bolivia, Ecuador, Argentina, Nicaragua, Brasile e Venezuela, con modalità e priorità diverse, sono pervenute a incarnare il post-liberismo.  Si scontrano contro il l'egemonismo  del neoliberismo reale, qui e ora. Fanno fronte comune sugli obiettivi strategici comuni, e riescono a bloccare, contenere o frenare il FMI e gli USA. A Madrid così come ad Atene, in Ungheria e in Islanda, ci si predispone alla resistenza aperta.

Chi non sta dalla parte di Tsipras che ha deciso di combattere, appartiene alle due correnti del partito unico neoliberista che si appresta a consegnare definitivamente la riserva aurea dell'Italia. Persino la Germania ha richiesto il rimpatrio del suo oro, ma Washington ha risposto con sberleffi. A Roma neppure questo, solo omertá e connivenza. 

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