Andre Vltchek Non date per scontate le rivoluzioni latinoamericane. Hanno ispirato il pianeta. Hanno portato speranza in ogni angolo della nostra Terra segnata da cicatrici. Ma oggi esse stesse hanno bisogno del nostro sostegno. Se lasciate in pace, fiorirebbero per decenni e secoli. Ma l’Impero è ancora una volta all’offensiva. Si sta agitando furioso. E’ pronto a invadere, a sfasciare, a ridurre in cenere
ogni speranza, tutto ciò che è stato conquistato.
Non credete all’”opinione generale” che afferma che i reggitori del mondo hanno semplicemente “chiuso gli occhi” più di un decennio fa; che George W. Bush sia stato “troppo occupato” a devastare il Medio Oriente, “permettendo” così alla maggior parte dei paesi dell’America Latina di “sgattaiolare” dalla morsa ferrea dell’Impero.
Tali
analisi sono tanto paternalistiche quanto sono false. L’Impero non
dorme mai! Ciò che oggi l’America Latina ha è stato costruito mediante
il suo coraggio, il suo sudore, il suo genio e il suo sangue; ha
combattuto contro l’Impero, coraggiosamente, per decenni, perdendo i
suoi figli e le sue figlie migliori. Ha combattuto per la libertà, per
la giustizia e per il socialismo.
L’Impero
non ha “guardato dall’altra parte”. Ha guardato diritto a sud, furioso,
ma per qualche tempo è stato troppo confuso, troppo sorpreso, troppo
sconvolto per ciò cui stava assistendo. I suoi “schiavi” erano insorti e
avevano ripreso il potere nelle proprie mani. Hanno mostrato al mondo
intero che cosa è veramente la libertà.
L’innegabile
proprietà dell’Impero, l’America Latina, abitata da “non-persone” nate
solo per fornire manodopera e materie prime a basso costo alla parte
ricca del mondo stava improvvisamente, orgogliosamente e pubblicamente
rompendo le sue catene, dichiarandosi libero, pretendendo rispetto. Le
sue risorse naturali erano ora utilizzate per alimentare il suo popolo,
per costruire case popolari, per creare sistemi di trasporto pubblico,
costruire ospedali, scuole e parchi pubblici.
Ma dopo la prima ondata di panico l’Impero ha cominciato a fare quello che sa fare meglio: ha cominciato a uccidere.
Ha
tentato di rovesciare il governo venezuelano nel 2002, ma ha fallito.
Il popolo venezuelano è insorto, e lo stesso ha fatto l’esercito
venezuelano, a difesa dell’allora presidente Hugo Chavez. L’Impero ci ha
provato di nuovo e di nuovo, e ci sta tuttora provando. Provando e
fallendo!
“Siamo
in guerra”, mi è stato detto da uno dei redattori della rete televisiva
con sede a Caracas, TeleSUR, per la quale ho girato numerosi
documentari. “Stiamo letteralmente lavorando sotto la canna del
cannone”.
***
Tamara
Pearson, una giornalista e attivista rivoluzionaria australiana, che
recentemente si è trasferita dal Venezuela in Ecuador, ha spiegato la
difficile situazione in Venezuela, un paese che è sotto costante attacco
da parte sia degli Stati Uniti sia delle locali élite loro alleate:
“La
gente soffre molto. I prezzi degli alimenti di base sono elevati, molti
farmaci non sono disponibili e vari servizi non funzionano. A un certo
livello la gente è abituata a questo, i proprietari delle aziende
causano scarsità e incolpano il governo prima di ciascuna delle molte
elezioni. Ma normalmente la cosa è meno intensa e dura solo pochi mesi.
Ma questo è andato avanti ed è peggiorato dopo la morte di Chavez, ormai
più di due anni fa. Non c’è dubbio che gli Stati Uniti e ancor più le
élite e i proprietari d’azienda venezuelani e colombiani sono un grosso,
forse principale, fattore …”
L’intera
America Latina rivoluzionaria sta “urlando”. Come ho descritto in due
dei miei libri recenti, “Exposing Lies Of The Empire” [Smascheramento
delle menzogne dell’Impero] e “Fighting Against Western Imperialism”
[Lotta contro l’imperialismo occidentale”, l’Impero sta usando tattiche
simili di destabilizzazione contro tutti i paesi che si oppongono al suo
abbraccio mortale.
La
sua propaganda è potente e onnipresente. CNN e FOX TV sono irradiate in
quasi tutti maggiori alberghi e aeroporti dell’America Latina, persino
in alcuni paesi rivoluzionari come l’Ecuador. Quasi tutti i maggiori
giornali del continente, compresi quelli in Venezuela,Ecuador, Cile e
Argentina, sono controllati dall’élite economica di destra. Quasi tutti i
servizi giornalistici stranieri provengono da fonti europee o
nordamericane, rendendo il pubblico latinoamericano totalmente confuso
riguardo a Islam, Cina, Russia, Sudafrica, Iran e persino ai suoi stessi
vicini.
Le élite locali continuano a servire interessi stranieri; la loro lealtà è fermamente riservata al Nord America e all’Europa.
Ogni
governo latinoamericano di sinistra ha affrontato proteste paradossali e
azioni di protesta condotte dalle élite. Tattiche di destabilizzazione
sono state chiaramente ideate in capitali remote. Sono state prodotte in
serie e perciò quasi identiche a quelle che l’occidente ha usato contro
Cina, Russia, Sudafrica e altre nazioni “ribelli”.
Propaganda, disinformazione e spargimento di confusione sono stati alcuni degli strumenti più potenti della destra fascista.
L’”insicurezza
economica” è un’arma estremamente potente. E’ stata utilizzata per la
prima volta in Cile, nel colpo di stato del 1973 contro il presidente
socialista Salvador Allende. Le élite filo-occidentali e gli uomini
d’affari cileni hanno creato penurie di prodotti alimentari e poi ne
hanno incolpato il governo socialista, utilizzando El Mercurio e altri quotidiani come loro strumenti di propaganda.
Peter
Koenig, ex economista della Banca Mondiale e oggi eminente dissidente e
critico del regime neoliberista mondiale ha scritto per questo
articolo:
“Oggi
madame Bachelet, la presidentessa socialista del Cile sta attraversando
un brutto momento nel combattere contro gli oligarchi cileni ispirati
da Mercurio. Non molleranno la presa. Recentemente hanno invitato la
Banca Mondiale a valutare il pacchetto di riforma della scuola proposto
dalla Bachelet, fondamentalmente per restituire le università al settore
pubblico. Naturalmente la “classe superiore” dei cileni sapeva che la
Banca Mondiale avrebbe concluso con nulla di meno che una previsione di
disastro economico se la riforma fosse stata approvata. In conseguenza
la Bachelet ha fatto concessioni, che d’altro canto non sono state
accettate da professori e maestri. E’ il primo passo verso il caos e il
caos è ciò che l’impero tenta di impiantare in ogni paese in cui si
aspira a un “cambiamento di regime”.
Ma
una delle sue armi “più sporche” è l’accusa di corruzione. Politici e
individui filo-occidentali corrotti che hanno abusato di decine, persino
centinaia di milioni di dollari del denaro del popolo e hanno distrutto
le economie dei loro paesi assumendo debiti non rimborsabili che hanno
continuato a scomparire nelle loro tasche profonde, oggi puntano i loro
diti sporchi contro governi relativamente puliti, in paesi come Cile e
Argentina. Tutto nel “Cono Meridionale” e in Brasile è oggi sotto esame.
Peter
Koenig (che è stato con l’avvocato internazionale canadese Christopher
Black e con me autore di “The World Order and Revolution!: Essays from
the Resistance” [L’ordine mondiale e la rivoluzione! Saggi dalla
resistenza]) mostra quanto sia importante per l’Impero la
destabilizzazione del Brasile, uno dei membri chiave dei BRICS:
“Il
Brasile, essendo un membro dei BRICS, è particolarmente nel mirino
dell’impero, poiché i BRICS devono essere destabilizzati, divisi; stanno
diventando una minaccia economica per Washington. Il Brasile è
fondamentale per la parte non asiatica dei BRICS. Una caduta del Brasile
sarebbe un duro colpo alla coesione dei BRICS”.
Ci
sono parametri totalmente diversi per i politici fascisti
filo-occidentali e per quelli di sinistra. La sinistra non può farla
franca con nulla mentre la destra l’ha fatta franca letteralmente con
omicidi di massa e con la sparizione di decine di miliardi di dollari.
E’,
naturalmente, la strategia comune in tutti gli stati vassalli
dell’occidente. Ad esempio, uno dei paesi più corrotti della terra,
l’Indonesia, tollera assoluto malcostume e corruzione degli ex generali,
ma quando è divenuto presidente un leader socialista progressista
mussulmano, Abdurrahman Wahid, è stato diffamato e rimosso rapidamente
su accuse di “corruzione”.
Dopo
secoli di Dottrina Monroe, dopo omicidi di massa commessi in America
“Latina” prima dagli europei e poi dai nordamericani e dai loro ricchi
maggiordomi locali, ci vorranno lunghi decenni per sradicare
completamente la corruzione, poiché la corruzione si accompagna al
collasso morale delle potenze coloniali e delle élite locali. L’avidità
finanziaria ne è solo il sottoprodotto.
Le
grandi culture precoloniali di quelli che sono oggi Perù, Ecuador e
Bolivia non avevano corruzione. La corruzione è stata iniettata dal
colonialismo occidentale.
E
oggi la corruzione esiste ancora sotto governi rivoluzionari di
sinistra poiché è difficile cacciare tutti i ratti in un colpo solo, ma è
incomparabile minore di quello sotto le precedenti cricche fasciste di
destra!
***
I
ricchi in America Latina sono crudeli, servili (nei confronti
dell’Impero) e avidi all’estremo. L’America Latina ha tuttora la
distribuzione della ricchezza più disuguale della terra. Vero, è molto
più ricca (e persino i suoi poveri sono più ricchi, con qualche
eccezione in America Centrale, Peru o Paraguay) dell’Africa o persino
dell’Asia sud-orientale, ma questa non può essere una scusa.
Persino
i governi socialisti più progressisti oggi al potere non oserebbero mai
toccare, schiaffeggiare troppo duramente le imprese private. Da questo
punto di vista la Cina, con la sua pianificazione centrale e la sua
economia controllata, è più socialista di Ecuador o Bolivia.
Qualche
giorno fa, mentre volavo dall’Ecuador al Peru, ho letto che il numero
dei multimilionari in America Latina sta effettivamente aumentando, e lo
stesso vale per il divario sociale tra i ricchi e il resto delle
società. L’articolo utilizzava alcune prove aneddotiche affermando, per
esempio, che nel solo Cile oggi si vendono più auto sportive Porsche che
nell’intera America Latina alcuni anni fa. Quasi a confermarlo ho
notato una concessionaria Porsche vicino al mio albergo ad Asuncion, la
capitale del secondo paese più povero del Sudamerica. Ho chiesto dati,
ma il direttore della Porsche si è rifiutato di fornirmeli, tuttavia
affermando con orgoglio che la sua azienda sta “andando benissimo”.
Dunque
che cosa vogliono davvero le “élite”? Hanno soldi, un sacco di soldi.
Hanno auto di lusso, proprietà immobiliari nei loro paesi e condomini
all’estero. Cos’altro? Come
in Tailandia, Filippine, Indonesia o Kenya, e in tutto l’occidente,
vogliono potere. Vogliono sentirsi uniche. Vogliono essere ammirate.
I
governi socialisti consentono loro di restare ricche. Ma le costringono
a condividere la loro ricchezza e, soprattutto, le incolpano. Cercano
anche di minimizzare il divario, attraverso l’istruzione, l’assistenza
medica gratuita e innumerevoli progetti sociali.
Ciò,
naturalmente, è inaccettabile per le élite. Vogliono tutto, come
l’hanno sempre avuto. E per avere tutto sono pronte a uccidere, a
schierarsi con gli interessi stranieri più oscuri, persino a commettere
tradimento.
Sempre
più gli interessi delle élite locali sono molto strettamente collegati a
interessi stranieri: quelli dell’Impero e quelli del settore privato.
Come mi è stato detto in Ecuador da Paola Pabòn, parlamentare rappresentante l’area di Pichincha:
“Dietro
il coinvolgimento degli Stati Uniti ci sono alcuni ex banchieri come i
fratelli Isaiah che hanno perso potere qui, si sono sottratti ai
tribunali e sono andati a vivere negli Stati Uniti, ma ci sono anche
grandi potenze economiche come la Chevron. Significa che non ci sono
solo interessi politici degli USA, ma anche interessi economici
privati”.
Prevalentemente
le élite locali usano i loro paesi come vacche da mungere, con
pochissimo o zero interesse per il benessere del loro popolo.
E’
per questo che le loro proteste contro le rivoluzioni latinoamericane
sono interamente ipocrite. Non si battono per miglioramenti nei loro
paesi bensì per i loro personali interessi egoistici. Quelle urla e i
patetici scioperi della fame dell’”opposizione” in Venezuela possono
sembrare patriottici, ma solo grazie alle abilità propagandistiche dei
media di massa occidentali.
Le
élite farebbero qualsiasi cosa per far fallire e crollare tutte le
rivoluzioni, in tutta l’America Latina. Stanno persino spendendo il loro
denaro perché ciò accada.
Sanno
che se riescono a rimuovere dal potere le forze progressiste potranno
dominare di nuovo, totalmente incontrastate, come le loro controparti
fanno in tutti gli altri stati vassalli dell’occidente, in Medio
Oriente, Africa, Asia meridionale e sud-orientale e Oceania.
La
tentazione è enorme. La maggior parte delle élite dell’America Latina
ricorda ancora bene come ci si sente, che sapore ha controllare i loro
paesi incontrastate e con il pieno sostegno dell’occidente.
***
Eduardo
Galeano, il grande scrittore e pensatore rivoluzionario uruguayano, mi
ha detto una volta: “Continuo a ripetere a tutti quei nuovi capi
dell’America Latina: ‘Compagni, non giocate con la speranza dei poveri!
La speranza è tutto ciò che hanno.’”
Pare
che la speranza sia stata finalmente presa sul serio in Bolivia,
Uruguay, Venezuela, Ecuador, Cile, Argentina, Brasile, Nicaragua e
altrove.
E’
stata presa sul serio anche in Honduras, ma la speranza è stata
schiacciata dal colpo di stato orchestrato dagli Stati Uniti. In
Paraguay, sotto un sacerdote semi-progressista che predicava la teologia
della liberazione, la speranza è stata presa semi sul serio, ma anche
ciò era troppo nel paese che era stato dominato, per decenni, da cricche
fasciste. Nel 2002 un colpo di stato costituzionale è stato seguito da
uno spaventoso massacro prevalentemente di indigeni, e il fascismo è
tornato.
Dopo
questi due arretramenti l’America Latina è rimasta scossa ma ha
continuato ad andare avanti. Hugo Chavez è morto, o è stato assassinato
dal Nord, a seconda della teoria cui prestate credito. La sua scomparsa è
stata un colpo terribile per l’intero continente, e tuttavia il
continente ha continuato ad andare avanti. “Qui nessuno si arrende!” ha
gridato Chavez, morente ma fiero.
“Il
presidente dell’Ecuador, Correa, è uno dei pochi leader del ‘progetto
originale’”, ha affermato Paola Pabòn. “Lula in Brasile non potrà più
candidarsi alla rielezione, prevalentemente a causa di scandali di
corruzione. Mujica non è più al potere e Cristina Fernandez si ritirerà.
Evo Morales non ha influenza regionale e persino Maduro non ce l’ha.
Per questo motivo l’Ecuador è così importante, strategicamente. Se
‘loro’ ci colpiscono, se riuscirà un colpo di stato, sarà un’enorme
vittoria per loro, distruggere un presidente d’importanza regionale; che
parla per la regione … e anche perché l’Ecuador è un paese in cui il
governo funziona effettivamente bene”.
Walter
Bustos, che ha lavorato per tale governo, è allarmato dagli sviluppi in
Ecuador e nell’intera America Latina. Sia lui sia Paula Pabòn si
rendono conto di quanto fragili siano le rivoluzioni latinoamericane.
Dirigendosi in auto con me a un’area indigena di Riobamba, Walter ha
lamentato:
“Nel
caso ci sia un colpo di stato militare in Ecuador la differenza tra qui
e il Venezuela sarebbe enorme: mentre in Venezuela Chavez aveva
incorporato l’esercito nella sua rivoluzione, nel caso della rivoluzione
dei cittadini in Ecuador non abbiamo alcuna sicurezza: non possiamo
contare sul sostegno dell’esercito nel caso ci sia un qualche attacco
armato, politico o economico contro di noi”.
Hugo
Chavez non è stato solo un grande rivoluzionario ma anche un
grandissimo stratega. Sapeva che ogni grande rivoluzione va combattuta,
vita e poi difesa. Vincere la battaglia non è mai sufficiente. Si devono
consolidare le forze e mantenere la vittoria. Chavez è stato prima
pensatore e poi soldato.
Correa,
Morales, Fernandez vanno avanti, coraggiosi, fieri ma non protetti.
Sotto i loro governi le vite della gente comune sono migliorate
enormemente. E’ questo che conta per loro. Sono esseri umani dignitosi e
onesti, indisponibili a sporcarsi con intrighi, congetture e teorie
cospirative.
Ma
il loro grande successo non guadagnerà loro alcun riconoscimento da
parte dell’Impero o delle loro èlite. Il successo del socialismo è
l’incubo peggiore per i reggitori del mondo e i loro maggiordomi locali.
E’
così che nel 1973 è morto il presidente Salvador Allende. Ha scartato
tutte le voci e poi tutti gli avvertimenti che era imminente un colpo di
stato. “Non arresterò persone solo per qualche sospetto che possano
commettere qualcosa”, soleva dire. Una volta avvenuto il colpo di stato è
morto orgogliosamente, un vero eroe, suicidandosi in marcia verso le
mitragliatrici degli elicotteri i caccia da combattimento che
bombardavano il palazzo presidenziale di La Moneda. Ma non è stato la
sola vittima. In conseguenza del colpo di stato migliaia di cileni sono
morti e decine di migliaia sono stati ferocemente torturati e
violentati. Il Cile non è morto ma è entrato in un coma orribile da
quale solo recentemente sta riuscendo a riprendersi.
Henry Kissinger sintetizzò la corruzione/collasso morale del regime del suo paese quando pronunciò la sua frase memorabile:
“Non
capisco perché dobbiamo stare a guardare un paese diventare comunista a
causa dell’irresponsabilità del suo popolo. I problemi sono troppo
importanti perché gli elettori cileni siano lasciati a decidere per
conto loro”.
Nonostante
le sue grandi intenzioni il presidente Salvador Allende venne meno al
suo popolo. Sottovalutò la bestialità dell’Impero e la conseguenza
furono milioni di vite spezzate.
Da
allora l’egoismo e la brutalità dell’Impero non hanno fatto che
progredire. Quanto più successo hanno capi come Correa, tanto più reale è
il rischio di un colpo di stato, di un devastante, mortale attacco dal
Nord e di sovversione dall’interno.
La
fragilità delle rivoluzioni latinoamericane è evidente. Delle élite non
ci si può fidare. Hanno mostrato in molte occasioni quanto in là sono
disposte a spingersi, commettendo tradimenti, collaborando con
l’occidente contro le loro stesse nazioni: in Cile, Peru, Colombia,
Messico, Honduras, Venezuela, Paraguay e Bolivia, per citare solo alcuni
casi.
Soddisfare
le élite e l’Impero combattendo contemporaneamente per la giustizia
sociale e la vera indipendenza è impossibile. Le élite vogliono avere il
controllo totale dei loro paesi, mentre l’Impero pretende una piena
sottomissione. Nessun compromesso potrebbe essere raggiunto. La storia
parla con chiarezza al riguardo. E l’Impero ha dimostrato in
innumerevoli occasioni che la democrazia latinoamericana sarebbe
rispettata solo se il popolo votasse nel modo che soddisfa Washington.
L’America Latina deve imparare come difendersi, nell’interesse del suo popolo.
La sua cooperazione sempre più stretta con Cina e Russia è essenziale. Dovrebbe seguire un coerente accordo di difesa regionale.
I
prossimi pochi anni saranno cruciali. Le rivoluzioni devono essere
istituzionalizzate; non possono dipendere solo dal carisma dei loro
leader.
Costanti
sabotaggi e tentativi di colpo di stato, come quelli in Venezuela, non
dovrebbero essere tollerati. Portano al caos e all’insicurezza. Spezzano
paesi, economicamente e socialmente.
E’
chiaro ciò che stanno facendo l’Impero e i suoi servi: stanno cercando
di spingere nell’angolo i paesi rivoluzionari latinoamericani, come
hanno spinto, in passato, la Corea del Nord. Stanno cercando di farli
“reagire” in modo da poter dire: “Vedete, questo è il socialismo reale,
questo sistema difensivo, eremitico e paranoide”.
L’America
Latina può sopravvivere solo attraverso la cooperazione e la
solidarietà internazionale. Dovrebbere anche battersi giudiziariamente,
in patria e all’estero. Quelli che commettono tradimento e quelli che
bloccano lo sviluppo del paese dovrebbe essere portati davanti alla
giustizia.
I
governi di sinistra che amministrano i paesi sudamericani hanno vinto
elezioni democratiche: molto più democratiche di quelle in Europa e
negli Stati Uniti. Se individui e gruppi agiscono contro la volontà
espressa del loro stesso popolo, dovrebbero essere trascinati in
tribunale.
Se
un paese potente tortura altri paesi e mostra totale disprezzo per il
loro popolo, dovrebbe essere sottoposto a un sistema legale
internazionale. Gli Stati Uniti hanno dimostrato, innumerevoli volte, di
considerarsi sopra la legge. Hanno persino costretto numerosi governi
in America Latina e altrove a garantire l’immunità al loro personale
militare. Uno di questi paesi è il Paraguay, storicamente inondato da
agenti della CIA, della DEA e dell’FBI.
Al
fine di porre un freno legale all’Impero deve essere costruita una
grande pressione internazionale. Come nel caso di Managua che ha citato
legalmente in giudizio gli Stati Uniti per molti atti di terrorismo
commessi contro il Nicaragua. L’Impero molto probabilmente rifiuterà di
accettare qualsiasi verdetto di colpevolezza. Ma la pressione deve
essere esercitata!
Tutto
questo sarebbe privo di significato senza una copertura impegnata e
costante degli eventi da parte di media indipendenti o d’opposizione,
siano essi nuove reti finanziate dallo stato come RT, TeleSUR, CCTV o
Press TV, o media progressisti indipendenti come Counterpunch, VNN o
ICH. E’ essenziale che i latinoamericani richiedano informazioni a
queste fonti, invece di consumare le menzogne tossiche diffuse
attraverso CNN en Español, FOX, ECE e altre fonti occidentali di destra.
La
battaglia per il popolo latinoamericano e per la sua libertà è avviata.
Non fatevi ingannare, deve andare avanti per parecchio tempo, ed è una
battaglia molto dura.
L’America Latina è uno dei fronti della lotta integrata per la sopravvivenza del nostro pianeta.
Chi
ammira questa parte del mondo, tutti quelli che sono stati ispirati
dalle rivoluzioni latinoamericane, dovrebbero partecipare a questa
lotta.
I
figli e le figlie migliori di questo continente stanno oggi combattendo
nel loro modo, donchisciottesco, come hanno sempre fatto: frontalmente,
con il cuore esposto, totalmente privi di protezione. Ma la loro lotta è
giusta e la combattono per difendere il popolo.
I
loro avversari sono ricchi, disonesti e brutali. Ma sono anche egoisti e
combattono solo per i propri interessi. Non sono amati dalle loro
nazioni. Se perdono, l’America Latina vincerà!
I
paesi che si difendono dall’Impero dovrebbero unirsi, prima che sia
troppo tardi. Oggi, mentre l’America Latina si solleva dalle ginocchia,
diventa chiaro chi sono i suoi nemici e chi sono i suoi veri amici, i
veri fratelli e sorelle!
Non
dovrebbe essere consentito che cada questo continente pieno di
cicatrici ma stupendo di poeti coraggiosi, di sognatori e rivoluzionari.
A Caracas, Quito e La Paz lottano per l’umanità intera.
Andre
Vltchek è un filosofo, romanziere, regista e giornalista d’inchiesta.
Ha seguito guerre e conflitti in dozzine di paesi. I suoi libri più
recenti sono “Exposing Lies of the Empire” [Smascheramento delle menzogne dell’Impero] e “Fighting Against Western Imperialism” [Lotta contro l’imperialismo occidentale]. La sua discussione con Noam Chomsky “On Western Terrorism” [Sul terrorismo occidentale]. Point of No Return[Punto di non ritorno] è il suo romanzo politico acclamato dalla critica. Oceania – un libro sull’imperialismo occidentale nel Pacifico meridionale. Il suo libro provocatorio sull’Indonesia: “Indonesia – The Archipelago of Fear” [Indonesia, l’arcipelago della paura]. Andre
realizza documentari per teleSUR e Press TV. Dopo aver vissuto per
molti anni in America Latina e in Oceania, Vltchek attualmente risiede e
lavora in Asia Orientale e in Medio Oriente. Può essere raggiunto sul
suo sito web o su Twitter.
1 comentario:
Che l'Italia segua l'esempio dell'america latina
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