I "diritti umani" non sono estensibili, onnicomprensivi, nè possono dipendere dalla geografia. Dallo staff di Gentiloni,purtroppo, con eccessiva leggerezza si fa allusione a imprecisati "maltrattamenti verso la comunità italiana". Attaccare un aeroporto militare, linciare e bruciar vivo un afro-venezuelano è ovunque un delitto. Assicurare alla giustizia i colpevoli è un imperativo morale, anche se il presunto colpevole possiede un passaporto italiano. La "solidarietà palazzinara" non giustifica dichiarazioni che rasentano l'apologia di reato.(Nota di redazione)
Care italiane, cari italiani, cari connazionali,
report radiofonici e televisivi emessi dalla Rai e da altre catene, abbiamo purtroppo registrato che rispetto ai fatti venezuelani, vige una informazione a senso unico che rilancia esclusivamente le posizioni e le interpretazioni di una delle parti che si confrontano.
Abbiamo anche letto e ascoltato spesso che l’attenzione prestata alla
situazione venezuelana viene giustificata per la presenza in Venezuela
di una “consistente comunità italiana o di origine italiana” in
sofferenza e che sembrerebbe essere accomunata in modo unanime alle
posizioni dell’opposizione.
Noi sottoscrittori di questa lettera, siamo membri di questa comunità.
Ma interpretiamo in modo assai diverso l’origine e le cause della grave
situazione che attraversa il paese dove viviamo da tanti anni e dove
abbiamo costruito la nostra vita e formato le nostre famiglie. Siamo in
questo paese perché vi siamo arrivati direttamente o perché siamo figli e
nipoti di emigrati italiani che raggiunsero il Venezuela nel dopoguerra
per emanciparsi dalla situazione di povertà o di mancanza di
opportunità e di lavoro in Italia.
In tanti abbiamo condiviso e accompagnato il progetto di socialismo
bolivariano proposto da Chavez e proseguito da Maduro, sia come
militanti o elettori, sia partecipando direttamente al progetto di un
Venezuela più giusto e solidale.
Ciò che era ed è per noi inaccettabile è che in un paese così bello e
ricco di risorse e di potenzialità, decine di milioni di persone
vivessero da oltre un secolo in una situazione di oggettiva apartheid,
al di fuori da ogni opportunità di emancipazione sociale e quindi senza i
diritti essenziali che sono quelli di una vita dignitosa, cioè quello
delle reali condizioni di vita, di lavoro, di educazione, di servizi
sanitari pubblici, di pensioni per tutti.
Questa situazione è durata in Venezuela per oltre 100 anni e bisogna
chiedersi perché, soltanto all’inizio di questo secolo, con Hugo Chavez,
per la prima volta nella storia di questo paese, questi problemi sono
stati affrontati in modo deciso. E come mai, prima, questo non era
accaduto. Chi oggi manifesta nelle strade dei quartieri ricchi delle
città del nostro paese, gridando “libertà!” dove stava, cosa faceva, di
cosa si occupava, prima che Chavez fosse eletto in libere elezioni
democratiche ?
In questi anni, diverse agenzie dell’Onu e l’Onu stessa, hanno
certificato che il Venezuela è stato tra i primi paesi al mondo nella
lotta alla povertà, all’analfabetismo, alla mortalità infantile,
raggiungendo risultati che non hanno confronti per la loro entità,
rapidità e qualità.
Si citano la mancanza di prodotti di primo consumo e di farmaci, ma
nessuno dice che è in atto una azione coordinata di accaparramento e di
speculazione che ha fatto lievitare i prezzi e fatto crescere in modo
esponenziale l’inflazione. Chi ha in mano il settore dell’importazione
di questi prodotti ? Alcune grandi e medie imprese private per giunta
sovvenzionate dallo Stato.
La penuria di questi prodotti è in realtà
l’effetto dell’inefficienza di questi gruppi privati nel migliore dei
casi, o piuttosto dell’uso politico che essi stanno operando,
analogamente a quanto avvenne in Cile, nel 1973 per abbattere il governo
democratico di Allende.
E’ evidente che l’obiettivo principale di questa specie di rivolta dei
ricchi (perché dovete sapere che le rivolte sono situate solo nei
quartieri ricchi delle nostre città) sia rimettere in discussione tutte
le conquiste sociali raggiunte in questi anni, svendere la nostra
impresa petrolifera e le altre imprese nascenti che operano in settori
strategici, come il gas, l’oro, il coltan, il torio scoperti
recentemente e in grandi quantità nel bacino del cosiddetto arco minero:
l’obiettivo di questi settori sociali è tornare al loro mitico passato,
un passato feudale in cui una piccola elite godeva di tanti privilegi e
comandava sul paese, mentre decine di milioni languivano
nell’indigenza.
Noi non abbiamo una verità da trasmettervi; abbiamo però tante cose che
possiamo raccontare e far conoscere agli italiani in Italia. Che
possiamo dire ai vostri giornalisti e ai vostri media. A partire dal
fatto che la comunità italiana non è, come oggi si vuol dare ad
intendere, schierata con i violenti e con i vandali che distruggono le
infrastrutture del paese o con i criminali che hanno progettato e che
guidano le cosiddette proteste che non hanno proprio nulla di pacifico.
La comunità italiana in Venezuela è composta di circa 150 mila
cittadini di passaporto e oltre 2 milioni di oriundi. Questi cittadini,
che grazie alla Costituzione venezuelana approvata sotto il primo
governo di Hugo Chavez possono avere o riacquisire la doppia
cittadinanza, hanno vissuto e vivono insieme agli altri venezuelani i
successi e le difficoltà di questi anni. Gran parte di loro hanno
sostenuto e sostengono il processo di modernizzazione e
democratizzazione del Venezuela.
Molti di loro sono stati e sono
sindaci, dirigenti sociali e politici, parlamentari della sinistra,
imprenditori aderenti a “Clase media en positivo”, ad organizzazioni
cristiane come Ecuvives ed hanno sostenuto e sostengono il processo
bolivariano. Diversi di loro hanno partecipato alla stesura della
Costituzione, che molto ha preso dalla Costituzione italiana. In gran
parte hanno sostenuto Hugo Chavez e sostengono Maduro, opponendosi alle
manifestazioni violente e vandaliche organizzate dai settori dell’ultra
destra venezuelana.
Un’altra parte, limitata, come è limitata l’elite venezuelana, è sulle posizioni dell’opposizione. Grazie a sostegni finanziari esterni svolgono una continua campagna di
diffamazione del Venezuela bolivariano in molti paesi, compresa
l’Italia.
L’Ambasciata italiana censisce una ventina di associazioni italiane in
Venezuela. Si tratta di associazioni costituite sulla base della
provenienza regionale dei nostri emigrati, veneti, campani, pugliesi,
abruzzesi, siciliane, ecc. che aggregano circa 7.000 soci e che
intrattengono relazioni stabili con l’Italia e le proprie regioni. Solo
alcune di queste associazioni, insieme a qualche giornale sovvenzionato
con fondi pubblici italiani, hanno svolto in questi anni, in piena
libertà, una campagna di informazione contro l’esperienza bolivariana;
esse hanno costituito talvolta le uniche “fonti di informazione”
privilegiate e accreditate da diversi organi di stampa italiani.
Ma questa non è “la comunità italiana” in Venezuela. Ne è solo una
parte limitata, le cui opinioni vengono amplificate da alcuni organi di
informazione. Il resto della comunità italiana e il resto del mondo
degli oriundi italo-venezuelani si organizza e si mobilità in questo
paese nello stesso modo in cui si mobilita e si organizza il resto del
paese. Vi è chi è contro e chi è a favore del processo bolivariano.
Da questo punto di vista, non vi è alcun pericolo per la collettività
italiana in Venezuela. Come in ogni paese latino americano, e come
dovunque, si parteggia e si lotta con visioni politiche e sociali
differenti.
Strumentalizzare la presenza italiana in Venezuela è un gioco
sbagliato, pericoloso e che non ha alcun fondamento se non l’obiettivo
di alimentare lo scontro e la menzogna.”
Caracas, Venezuela, 23 giugno 2017
Nota redazionale:
L’elenco dei firmatari della lettera è stato sospeso a causa di gravi minacce subite da alcuni di loro e dalle rispettive famiglie da parte di soggetti che evidentemente non tollerano il pluralismo di opinioni. Con molta probabilità questo tipo di squadrismo fascista è presente anche tra le fila di italo-venezuelani che sono venuti a conoscenza della lettera. Vi sono sufficienti ragioni per sollecitare il Governo italiano e le sue rappresentanza diplomatiche e quello del Venezuela a richiamare al rispetto del diritto alla libera espressione anche i nostri connazionali nel paese e, insieme, a garantire la loro incolumità. Sia la Costituzione italiana che quella venezuelana garantiscono la libertà di opinione. E i reati ad essa connessi, minacce, intimidazioni e quant’altro, sono punibili in entrambi i paesi. (26 giugno 2017)
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