lunes, 30 de julio de 2018

YEMEN: BELGIO SOSPENDE VENDITA ARMI all'ARABIA SAUDITA


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COSTO del PETROLIO CRESCERA'

Il 29 giugno, il Consiglio di Stato del Belgio ha annullato le licenze che autorizzavano le esportazioni di armi all'Arabia saudita, impegnato da tre anni in una guerra contro lo Yemen pervenuta -nel suo ultimo stadio- al blocco navale e bombardamenti aerei sulla popolazione civile.  Il Belgio, pertanto, ha sospeso vari contratti per somministrare armamento alla monarchia saudita. Perché? 

Il Consiglio belga "..deplora il comportamento del paese compratore nei riguardi della
comunitá internazionale, soprattutto il suo ruolo verso il terrorismo". Sono sotto accusa "..i precedenti relativi al rispetto dei suoi impegni concernenti il non-ricorso alla forza e il rispetto del diritto umanitario internazionale" (L’Echo).

Dal marzo 2015, l'Arabia saudita forte anche dell'appoggio degli Stati Uniti, Regno Unito e Israele, é alla testa di una coalizione di paesi arabi nell'aggressione contro lo Yemen. Con questo risultato tragico all'attivo: 10000 morti e piú di 55000 feriti, secondo l'organizzazione mondiale della salute (OMS). Piú di un milione di persone sono preda di un'epidemia di colera, incontrollabile per via del blocco navale, dei bombardamenti aerei sui maggiori centri urbani e su tutte le infrastrutture, anche civili.

Anche la Francia é una generosa rifornitrice di tecnologia bellica alla coalizione di petromonarchie. Parigi non disdegna gli affari di guerra con  Riyad (qui). Gli Stati Uniti hanno invece esportato "aiuti" per 12 miliardi di dollari al re ed emiri, ovvero il necessario per la guerra aerea, e si incaricano dei rifornimenti di combustibile in volo all'aviazione delle petromonarchie. Sembra che poco importa se tutto ció ha provocato un rialzo del petrolio 70 dollari.

Le conseguenze dell'aggressione allo Yemen si preannunciano ancor piú pesanti, vista la decisione di sopendere alle petroliere la rotta meridionale del mar Rosso. L'utilizzazione dello stretto marittimo tra Gibuti e la surriscaldata repubblica dello Yemen presa dal monarca saudita, sta a indicare che esiste una situazione di sensibile pericolo su tale rotta. Qui transita il 30% del greggio diretto agli Stati Uniti.

Sull'altro versante della penisola arabica, l'ancor piú vitale stretto di Hormuz é all'incandescenza dopo il disconoscimento dell'accordo che regola l'energia nucleare dell'Iran. Trump ha stracciato d'un sol colpo l'impegno multilaterale sottoscritto congiuntamente con i "soci" Europei. Danneggiata in modo irrimediabile la credibilitá di Washington, con implicito suono delle sirene di allarme per l'Iran e Pyongiang. 

Dopo ogni minaccia del Pentagono, gli iraniani non perdono occasione per ricordare che sono in grado di rendere nocumento o bloccare lo stretto di Hormuz, mettendo un'ipoteca sul vitale flusso energetico diretto all'occidente. Sono consapevoli che ha la medesima importanza della vena aorta per il corpo umano. Tutto ció aiuta a comprendere l'enorme pressione contro il Venezuela, nonché la storica tentazione di appropiarsi dei giacimenti (anche di uranio) situati nei Caraibi meridionali. Praticamente a un tiro di sputo.

Quante complicazioni sono derivate dal fallito "regime change" in Siria, e dell'accanimento del consorzio internazionale cui fan capo le infinite mene ordite -inutilmente- contro Assad. Tutti gli idrocarburi di cui é ricca la penisola arabica, sarebbero garantiti , protetti e piú economici per gli USA. Consegnati sulla costa orientale del Mediterraneo, con una rete di pipeline attraverso il territorio della Siria. Ma cosí non é, tra l'altro per voler dinamitare le relazioni dell'Europa con l'Iran. Cosí il crescente consumo dell'India e della Cina sono garantiti, diventando lo sbocco naturale per il gas dell'Iran, normato con pagamenti in petroyuan, oppure interscambio con le rispettive monete nazionali. 

Solo l'Europa, o meglio l'autolesionista gruppo dirigente di Bruxelles, accetta a capo chino i reiterati boicottaggi alla Russia. Seguita dall'industria petrolifera (Total, BP, ENI, Repsol), arresa al diktat di Trump, che rinuncia ad ogni impegno nel settore degli idrocarburi con l'Iran. Solo una sterzata proveniente dal basso -dal disprezzato popolo- puó aprire spazi di autonomia per il vecchio continente

Troppe destabilizzazioni, embarghi, focolai e conati di guerre sono ora innescate attorno al petrolio. Troppe ingerenze e bellicismo per credere ad un imminente boom delle energie non-fossili, sempre evocate peró mai ben identificate. Sembra una favola favola fuorviante come quella del "picco petrolifero" di Hubbert, giá passato di moda.

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