viernes, 22 de mayo de 2020

Popoli del mondo, ancora uno sforzo! Il mondo cambia base

Cuarentena en la frontera entre Italia y Suiza
Quarantene preventiva per chi viaggia dalla Svizzela all'Italia
Raoul Vaneigem - Lo choc del coronavirus non ha fatto che mettere in esecuzione il giudizio pronunciato contro se stessa da un’economia totalitaria fondata sullo sfruttamento dell’uomo e della natura. Il vecchio mondo fa fallimento e crolla. Quello nuovo, costernato per l’ammucchiarsi delle rovine, non osa eliminarle; più impaurito
che risoluto, prova pena a ritrovare l’audacia del bambino che impara a camminare. Come se aver lungamente urlato al disastro lasciasse il popolo senza voce.
Eppure quelle e quelli che sono sfuggiti ai tentacoli mortali della merce sono in piedi tra le macerie. Si svegliano alla realtà di un’esistenza che non sarà più la stessa. Desiderano affrancarsi dall’incubo che ha loro inferto lo snaturamento della terra e dei suoi abitanti.

Non è forse la prova che la vita è indistruttibile? Non è su questa evidenza che s’infrangono sulla stessa risacca le menzogne che scendono dall’alto e le denunce che salgono dal basso?

La lotta per il vivente non ha bisogno di giustificazioni. Rivendicare la sovranità della vita è in grado di annientare l’impero della merce, le cui istituzioni sono mondialmente scosse.

Finora ci siamo battuti solo per sopravvivere. Siamo rimasti confinati in una giungla sociale, dove regnava la legge del più forte e del più furbo. Abbandoneremo l’imprigionamento al quale ci obbliga l’epidemia di coronavirus per reintegrare la danza macabra della preda e del predatore? Non è dunque chiaro per tutti che l’insurrezione della vita quotidiana, di cui i Gilet jaunes sono stati in Francia il segno annunciatore, non è altro che il superamento di questa sopravvivenza che una società di predazione non ha smesso d’imporci quotidianamente e militarmente?


Quel che non vogliamo più

è il fermento di quel che vogliamo



La vita è un fenomeno naturale in ebollizione sperimentale permanente. Non è né buona né cattiva. La sua manna ci fa dono della spugnola quanto dell’amanita falloide. Essa agisce in noi e nell’universo come una forza cieca, ma ha dotato la specie umana della capacità di distinguere la spugnola dall’amanita, e qualcosa di più! Ci ha armato di una coscienza, dandoci la capacità di crearci ricreando il mondo.

Per farci dimenticare questa straordinaria facoltà, c’è voluto che pesasse su di noi il peso di una storia cominciata con le prime città-Stato e che termina – tanto più in fretta se le diamo una mano – con il crollo della mondializzazione mercantile.

La vita non è una speculazione: se ne fotte dei segni di rispetto, della venerazione, del culto. Non ha altro senso che la coscienza umana di cui ha dotato la nostra specie per illuminarla.

La vita e il suo senso umano sono la poesia fatta da uno, da tutte e da tutti. Una poesia siffatta ha sempre brillato del suo splendore nei grandi sollevamenti della libertà. Non vogliamo più che sia, come per il passato, un lampo effimero. Vogliamo mettere in atto un’insurrezione permanente, all’immagine del fuoco passionale della vita che si calma, ma non si spegne mai.

Procesión religiosa en Rusia cólera
Contadini della Russia rurale sfilano con le loro icone 

Dal mondo intero s’improvvisa una via dei canti[1]. È là che la nostra volontà di vivere si plasma spezzando le catene del potere e della predazione. Delle catene che noi, donne e uomini, abbiamo forgiato per la nostra disgrazia.

Eccoci nel cuore di una mutazione sociale, economica, politica ed esistenziale. È il momento di “Hic Rhodus, hic salta”. Non è un’ingiunzione a riconquistare il mondo da cui siamo stati cacciati. È il soffio di una vita che l’irresistibile slancio dei popoli ristabilirà nei suoi diritti assoluti.



L’alleanza con la natura esige la fine del suo sfruttamento lucrativo

Non abbiamo preso abbastanza coscienza della relazione concomitante tra la violenza esercitata dall’economia nei confronti della natura che essa depreda e la violenza con cui il patriarcato colpisce le donne fin dalla sua istallazione, tre o quattromila anni prima dell’era cosiddetta cristiana.

Con il capitalismo verde-dollaro, il saccheggio brutale delle risorse terrestri tende a cedere il posto alle grandi manovre della corruzione. In nome della protezione della natura, è ancora la natura che è messa in vendita. Lo stesso accade nei simulacri dell’amore quando il violentatore si agghinda da seduttore per meglio accalappiare la sua preda. Da tempi immemorabili, la predazione ricorre alla pratica del guanto di velluto.

Siamo all’ora in cui una nuova alleanza con la natura riveste un’importanza preminente. Non si tratta evidentemente di ritrovare – come si potrebbe? – la simbiosi con l’ambiente naturale nella quale evolvevano le civiltà della raccolta prima che una civiltà fondata sul commercio, l’agricoltura intensiva, la società patriarcale e il potere gerarchico venisse a soppiantarle.

Si sarà capito, però, che si tratta ormai di restaurare un ambiente naturale in cui la vita sia possibile, l’aria respirabile, l’acqua potabile, l’agricoltura sbarazzata dai suoi veleni, le libertà di commercio revocate dalla libertà del vivente, il patriarcato smembrato, le gerarchie abolite.



Gli effetti della disumanizzazione e degli attacchi sistematici contro l’ambiente non hanno avuto bisogno del coronavirus per dimostrare la tossicità dell’oppressione mercantile. Per contro, la gestione catastrofica del cataclisma ha mostrato l’incapacità dello Stato a far prova della minima efficacia al di fuori della sola funzione che sa esercitare: la repressione, la militarizzazione degli individui e delle società.

Fumigación de equipajes en Francia 1884
Disinfestazione dei bagagli   

La lotta contro lo snaturamento non sa che farsene delle promesse e delle lodevoli intenzioni retoriche, che siano o no prezzolate dal mercato delle energie rinnovabili. Essa riposa su un progetto pratico che scommette sull’inventiva degli individui e delle collettività. La permacultura che restituisce alla natura le terre avvelenate dal mercato dei pesticidi, non è altro che una testimonianza della creatività di un popolo che ha tutto da guadagnare dall’annientamento di quel che ha congiurato la sua perdita. È tempo di bandire quegli allevamenti concentrazionari in cui il maltrattamento degli animali è stato in particolare la causa della peste porcina, dell’influenza aviaria, della mucca resa pazza da quella follia del denaro feticizzato che la ragione economica tenterà ancora una volta di farci ingoiare se non digerire.

 Limpieza contra el cólera en Covent garden Londres

Hanno forse un destino molto diverso dal nostro, quelle bestie di batteria che escono dal confinamento per andare al macello? Non siamo forse in una società che distribuisce dividendi al parassitismo dell’impresa e lascia morire uomini, donne e bambini per mancanza di mezzi terapeutici? Un’imparabile logica economica alleggerisce così i carichi di bilancio, imputabili al numero crescente di vecchie e di vecchi. Essa preconizza una soluzione finale che li condanna impunemente a crepare in case di riposo sprovviste di mezzi e di personale curante. 
C’è stato a Nancy, in Francia, un alto responsabile della sanità che è arrivato a dichiarare che l’epidemia non è una ragione valida per non sopprimere ancora più letti e personale ospedaliero. Nessuno l'ha cacciato a grandi calci nel sedere. Gli assassini economici suscitano meno commozione di un malato mentale che corra in strada brandendo il coltello dell’illuminazione religiosa.

Non invito alla giustizia del popolo, non preconizzo di settembrizzare[2] gli spilorci del fatturato. Domando soltanto che la generosità umana renda impossibile il ritorno della ragione mercantile.

Tutti i modi di governo che abbiamo conosciuto sono falliti, disgregati dalla loro crudele assurdità. Appartiene al popolo mettere in atto un progetto di società che restituisca all’umano, all’animale, al vegetale, al minerale un’unità fondamentale.

La menzogna che qualifica di utopia un tale progetto non ha resistito allo choc della realtà. La storia ha marcato la civiltà mercantile di obsolescenza e d’insania. L’edificazione di una civiltà umana non solo è diventata possibile, essa inaugura il solo cammino che appassionatamente e disperatamente sognato da innumerevoli generazioni, si apre sulla fine dei nostri incubi.

La disperazione ha, infatti, cambiato campo, appartiene al passato. Ci resta la passione di un presente da costruire. Prenderemo il tempo di abolire il time is money che è il tempo della morte programmata.

La rinaturalizzazione è un brodo di nuove culture in cui dovremo avanzare con difficoltà, tra confusione e innovazioni nei settori più diversi. Forse abbiamo dato troppo credito a una medicina meccanicista che tratta spesso il corpo come fa un garagista con la vettura di cui prende cura. Come non diffidare di un esperto che vi ripara per farvi tornare al lavoro?

Cordón sanitario contra el cólera en un pueblo de Rumania
Soldati sorvegliano un cordone sanitar in Romania 

Così a lungo martellato dagli imperativi produttivisti, il dogma dell’antinatura non ha contribuito, forse, a esasperare le nostre reazioni emotive, a propagare panico e isterica fissazione sull’ordine pubblico, esacerbando di conseguenza il conflitto con un virus che l’immunità del nostro organismo avrebbe avuto qualche probabilità di domare o rendere meno aggressivo, se non fosse stata messa a dura prova da un totalitarismo mercantile al quale nulla di disumano è estraneo?

Traje para la prevención del cólera
Londra 1832, uno originale costume per far fronte al colera

Ci hanno abbastanza abbacinato con il progresso della tecnologia: per arrivare a che cosa? L’astronave per Marte e l’assenza terrestre di letti e apparecchi respiratori negli ospedali. Certamente, ci sarà più da meravigliarsi per le scoperte di una vita di cui ignoriamo tutto, o quasi. Tranne gli oligarchi e i loro servitori che la diarrea mercantile svuota della loro sostanza e che noi confineremo nelle loro latrine, chi potrebbe dubitarne?



Farla finita con la militarizzazione dei corpi, dei costumi, delle mentalità



La repressione è l’ultima ragione d’essere dello Stato. Esso stesso la subisce sotto la pressione delle multinazionali che impongono i loro diktat alla terra e alla vita. La prevedibile messa in discussione dei governi, risponderà alla questione: il confinamento sarebbe stato pertinente se le infrastrutture mediche fossero rimaste efficienti, anziché subire lo sfacelo che sappiamo, decretato dal dovere di redditività?

Nell’attesa – è d’obbligo costatarlo – la militarizzazione e la ferocia dell’ordine pubblico non fanno che dare il cambio alla repressione in corso nel mondo intero. 

L’Ordine democratico non potrebbe auspicare miglior pretesto per premunirsi contro la collera dei popoli. L’imprigionamento a domicilio non era forse lo scopo dei dirigenti, inquieti della lassitudine che minacciava le loro sezioni d’assalto di manganellatori, di accecatori, di assassini salariati? Bella ripetizione generale la tattica della nassa impiegata contro i manifestanti pacifici che reclamavano tra l’altro la riabilitazione degli ospedali.

Per lo meno siamo prevenuti: i governi tenteranno di tutto per farci passare dal confinamento alla cuccia. Tuttavia, chi accetterà di passare docilmente dall’austerità carceraria al comfort del servilismo rabberciato?

È probabile che la rabbia del recluso coglierà l’occasione per denunciare il sistema tirannico e aberrante che tratta il coronavirus come quel terrorismo multicolore da cui il mercato della paura ricava profitto.

La riflessione non si ferma qui. Pensate a quegli studenti che nel paese dei Diritti dell’Uomo sono stati costretti a inginocchiarsi di fronte ai piedipiatti di Stato. Pensate alla stessa educazione in cui l’autoritarismo professorale ostacola da secoli la curiosità spontanea del bambino e impedisce alla generosità del sapere di propagarsi liberamente. Pensate a che punto l’accanimento concorrenziale, la competizione, l’arrivismo del “togliti di là che mi ci metto io” ci hanno confinato in una caserma.

La servitù volontaria è una soldatesca che marcia al passo. Un passo a sinistra, uno a destra? Che importa? Entrambi restano nell’ordine delle cose.

Chiunque accetti che gli si abbai addosso, o sotto, non ha per presente che un avvenire da schiavo.

Marineros en Cuarentena en Marsella
Marinai messi in quarantena  

USCIRE DAL MONDO MORBOSO E CHIUSO

DELLA CIVILTÀ MERCANTILE



La vita è un mondo che si apre ed è l’apertura sul mondo. Certo ha spesso subito quel terribile fenomeno d’inversione in cui l’amore si cambia in odio, in cui la passione di vivere si trasforma in istinto di morte. Per secoli è stata ridotta in schiavitù, colonizzata dalla rozza necessità di lavorare e sopravvivere come bestie.

Certo, non si conoscono esempi di una clausura in cellule d’isolamento di milioni di coppie, di famiglie, d’individui singoli che il fallimento dei servizi sanitari ha convinto ad accettare la loro sorte, se non docilmente, almeno con una rabbia contenuta.

Ognuno si ritrova solo, confrontato a un’esistenza in cui è tentato di sbrogliare la parte di lavoro servile da quella di desideri folli. La noia dei piaceri consumabili è compatibile con l’esaltazione dei sogni che l’infanzia ha lasciato crudelmente incompiuti?

La dittatura del profitto ha deciso di toglierci tutto nello stesso momento in cui la sua impotenza si diffonde mondialmente e la espone a un possibile annientamento.

L’assurda disumanità che ci ulcera da tanto tempo è esplosa come un ascesso nel confinamento al quale ha condotto la politica di assassinio lucrativo praticata cinicamente dalle mafie finanziarie.

La morte è l’ultima indegnità che l’essere umano s’infligge. Non sotto l’effetto di una maledizione, ma come conseguenza dello snaturamento che gli è stato imposto.

Le catene che abbiamo forgiato per paura e sensi di colpa, non saranno spezzate né dalla paura né dai sensi di colpa, ma dalla vita riscoperta e restaurata. Non è forse quanto dimostra, in questi tempi d’oppressione estrema, l’invincibile potenza dell’aiuto reciproco e della solidarietà?

Un’educazione ripetuta da millenni ci ha insegnato a reprimere le nostre emozioni, a spezzare i nostri slanci di vita. Si è voluto a qualunque prezzo che la bestia che sopravvive in noi facesse l’angelo.

Le nostre scuole sono rifugi d’ipocriti, di frustrati, di torturatori raziocinanti. Gli ultimi appassionati di sapere vi guazzano con il coraggio della disperazione. Uscendo dalle nostre celle carcerarie, impareremo finalmente a liberare la scienza dal peso della sua utilità lucrativa? Ci daremo da fare per affinare le nostre emozioni, anziché reprimerle? Per riabilitare la nostra animalità anziché domarla, così come domiamo i nostri fratelli detti inferiori?

Non sto incitando alla sempiterna buona volontà etica e psicologica, punto il dito sul mercato della paura, dove l’ordine pubblico fa intendere il rumore dei suoi stivali. Attiro l’attenzione sulla manipolazione delle emozioni che abbrutisce e istupidisce le folle, metto in guardia contro i sensi di colpa che rodono in cerca di capri espiatori.

Dagli, ai vecchi, ai disoccupati, agli irregolari, ai senza domicilio fisso, agli stranieri, ai gilets jaunes, a quelli di fuori! Ecco il muggito di quegli azionisti del nulla che fanno commercio del coronavirus per propagare la peste emozionale. I mercenari della morte non fanno che ubbidire alle ingiunzioni della logica dominante.



Quel che deve essere sradicato è il sistema di disumanizzazione messo a punto e applicato ferocemente da quelli che lo difendono per gusto del potere e del denaro. È molto tempo che il capitalismo è stato giudicato e condannato. Siamo sommersi dalla pletora di perorazioni a suo carico. Può bastare.

La rappresentazione capitalista identificava la propria agonia con quella del mondo intero. Lo spettro del coronavirus è stato, se non il risultato premeditato, almeno l’illustrazione esatta del suo assurdo maleficio. La causa è intesa. Lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, di cui il capitalismo è una variazione, è un’esperienza finita male. Assicuriamoci che il suo scherzo sinistro di apprendista stregone sia divorato da un passato da cui non sarebbe mai dovuto venire fuori.

Non c’è che l’esuberanza della vita ritrovata che possa spezzare in un colpo solo le manette della barbarie mercantile e la corazza caratteriale che imprime sulla carne viva di ciascuno il marchio dell’economicamente corretto.

pandemia de cólera en Hamburgo 1882
                                      LA DEMOCRAZIA AUTOGESTIONARIA

ANNULLA QUELLA PARLAMENTARE



Non è questione di tollerare che, appollaiati su tutti i pulpiti delle loro commissioni nazionali, europee, atlantiche e mondiali, i responsabili vengano a mettere in scena il ruolo del colpevole e del non colpevole. La bolla dell’economia, gonfiata di debiti virtuali e di denaro fittizio, implode e si sgonfia sotto i nostri occhi. L’economia è paralizzata.

Prima ancora che il coronavirus rivelasse l’ampiezza del disastro, le “alte istanze” hanno grippato e fermato la macchina meglio degli scioperi e dei movimenti sociali che sono rimasti decisamente inefficaci per quanto contestatari fossero.



Basta con le farse elettorali e le diatribe di paccottiglia. Che gli eletti ammanicati con la finanza, siano spazzati via come l’immondizia e spariscano dal nostro orizzonte com’è scomparsa in loro la parcella di vita che ne faceva delle figure umane.

Non vogliamo giudicare e condannare il sistema oppressivo che ci ha condannato a morte. Vogliamo annientarlo.



Come non ricadere in questo mondo che crolla, in noi e davanti a noi, senza edificare una società con l’umano che resta a portata delle nostre mani, con la solidarietà individuale e collettiva? La coscienza di un’economia gestita dal popolo e per il popolo, implica la liquidazione dei meccanismi dell’economia mercantile.

Nella sua ultima sbruffonata, lo Stato non si è accontentato di prendere i cittadini in ostaggio e imprigionarli. La sua mancata assistenza a persone in pericolo le uccide a migliaia.

Lo Stato e i suoi agenti hanno demolito i servizi pubblici. Più niente funziona. Lo sappiamo con certezza: la sola cosa che riesce a far funzionare, è l’organizzazione criminale del profitto.

Hanno condotto gli affari loro nel disprezzo del popolo, il risultato è deplorevole. Tocca al popolo occuparsi dei suoi, finendo di rovinare i loro. A noi far ripartire tutto su basi nuove.



Più il valore di scambio predomina sul valore d’uso, più s’impone il regno della merce. Più accorderemo la preminenza all’uso che noi desideriamo fare della nostra vita e del nostro ambiente, più la merce perderà il mordente. La gratuità le porterà la stoccata.



L’autogestione segna la fine dello Stato di cui la pandemia ha messo in luce il fallimento e la nocività. I protagonisti della democrazia parlamentare sono i becchini di una società disumanizzata a causa della redditività.

Si è visto, invece, il popolo, messo di fronte alle carenze dei governi, dare prova di una solidarietà indefettibile e mettere in atto una vera e propria autodifesa sanitaria. Non è questa un’esperienza che lascia augurare un’estensione delle pratiche autogestionarie?

Niente è più importante che prepararci a farci carico dei settori pubblici, un tempo a carico dallo Stato, prima che la dittatura del profitto li mandasse in demolizione.

Lo Stato e la rapacità dei suoi agenti hanno bloccato e paralizzato tutto, tranne l’arricchimento dei ricchi. Ironia della storia, l’impoverimento è ormai la base di una ricostruzione generale della società. Come potrebbe, chi ha affrontato la morte, avere paura dello Stato e dei suoi sgherri?

La nostra ricchezza è la nostra volontà di vivere.



Il rifiuto di pagare tasse e imposte ha smesso di appartenere al repertorio delle incitazioni sovversive. Come sarebbero in grado di pagarle i milioni di persone a cui stanno per mancare i mezzi di sussistenza quando il denaro, a miliardi, continua a essere inghiottito nell’abisso delle malversazioni finanziarie e del debito che queste scavano? Non dimentichiamolo, è dalla predominanza accordata al profitto che nascono le pandemie e l’incapacità di trattarle. Resteremo, dunque, all’insegna della mucca pazza, senza trarne lezione? Ammetteremo, infine, che il Mercato e i suoi gestori sono il virus da sradicare?

Non è più il momento dell’indignazione, dei lamenti, delle constatazioni dello smarrimento intellettuale. Insisto sull’importanza delle decisioni che le assemblee locali e federate prenderanno “tramite il popolo e per il popolo” in materia d’alimentazione, di alloggio, di trasporto, di salute, d’insegnamento, di cooperative monetarie, di miglioramento dell’ambiente umano, animale, vegetale.

Andiamo avanti pur se arrancando. Meglio sbagliare sperimentando piuttosto che regredire e reiterare gli errori del passato. L’autogestione è in germe nell’insurrezione della vita quotidiana. Ricordiamoci che quel che ha distrutto e interrotto l’esperienza delle collettività libertarie della rivoluzione spagnola, è stata l’impostura comunista.



Non chiedo a nessuno di approvarmi e ancora meno di seguirmi. Vado per la mia strada. Libertà per ognuna e ognuno di fare altrettanto. Il desiderio di vita è senza limiti. La nostra vera patria è in ogni luogo dove la libertà di vivere sia minacciata. La nostra terra è una patria senza frontiere.


Raoul Vaneigem, 10 aprile 2020
[1] Riferimento alle Songlines di Bruce Chatwin, NdT.

[2] Riferimento alle stragi di settembre 1792 a Parigi, NdT.

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