Contro venti e maree, i separatisti fascisti di Santa Cruz andranno al referendum "autonomista". Il 4 maggio andranno alle urne per deliberare la separazione "simbolica" dalla Bolivia. Contro venti e maree. Contro l'ONU, contro L'Organizzazione degli Stati Americani,contro l'Unione Europea, i Paesi sudamericani e tutti gli altri del continente.
Tutti hanno negato preventivamente la validità giuridica del referendum, e nessuno invierà osservatori per sorvegliare la legittimità del voto. Tutti ne hanno denunciato l'illegalità e il movente scopertamente sovversivo, perturbatore della pace e dell'integrità nazionale e territoriale della nazione boliviana. Tutti, meno uno: gli Stati Uniti.
E' legittimo domadarsi perchè danno questo passo decisivo che non raccoglie l'appoggio di nessuno. I separatisti, sono sordi perchè si sentono forti del loro estremismo, e sono convinti di poter mettere le mani sui giacimenti di gas perchè sopravalutano l'appoggio del governo degli Stati Uniti.
La sfida del 4 maggio è un segno dell'arroganza e dell'estremismo che ha sempre connotato la visione sociale e l'agire politico delle elites, che non accetteranno mai un Presidente indio. Men che mai le leggi improntate ad equità sociale del suo governo.
La Bolivia non si frammenterà il 5 maggio, ma comincerà un lento ed inesorabile processo di delegittimazione dell'autorità e della credibilità del governo de La Paz e di Evo Morales.
Un lento sgretolamento della nuova istituzionalità, che vorrebbe seminare impotenza e disperazione nelle file di quella maggioranza che votò per Evo e per il cambio sociale.
Pescare nel torbido, approfondire il caos, suscitare violenza e crecare di far degenare il conflitto sociale in scontri etnici.
Le elites vogliono dimostrare che sono più forti della maggioranza dei boliviani, che possono disconoscere i Paesi del blocco sudamericano, l'OEA, la UE, perchè si sentono economicamente, culturalmente, socialmente superiori a tutto e tutti.
Sono convinti che a loro basta -ed avanza- il sostegno attivo di Washington e del suo ambasciatore esperto in balcanizzazione, reduce da 3 anni di lavoro sporco in Kosovo.
La maggioranza dei boliviani e della comunità internazionale sta dalla parte della legalità, cioè dalla parte del governo di Evo Morales. Nessuno riconoscerà il risultato di questo referendum fai-da-te. Però per evitare la tragedia è indispensabile che la forza dei movimenti politici e sociali dei due continenti si mobiliti e faccia sentire la propria voce.
E' urgente la solidarietà internazionale davanti ad ogni ambasciata e consolato della Bolivia.
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