Le rivelazioni fatte a Bogotà sulla laptop che sarebbe stata rinvenuta in Ecuador, dopo il bombardamento dell'accampamento della Farc, ha conquistato il programmato e previsto spazio mediatico: minuti nei notiziari, centimetri e colonne sulla carta stampata.
Il governo di Uribe, con l'avvallo dell'Interpol, ha scelto di dare la stura alla propaganda di "alta intensità" proprio a cavallo dell'inizio del vertice tra Unione Europea ed America latina. Insomma, la ricerca di una più idonea cassa di amplificazione e l'intento rozzo di gettare un ombra sul vertice euro-latino-americano.
I fatti, nudi e crudi: la presunta laptop di Raul Reyes sarebbe stata rinvenuta dall'esercito colombiano, a notte fonda, successivamente trafugata illegalmente in Colombia, poi rimase per 52 ore nelle mani dello Stato Maggiore militare.
Nessun giudice dell'Ecuador, venezuelano o colombiano, ha preso parte o ha potuto verificare le circostanze e le modalità in cui veniva custodita la famosa laptop, che si asserisce appartenesse all'assassinato leader dell Farc.
Immediatamente, il capo della Polizia colombiana cominciò a fare rivelazioni ad alto effetto propagandistico che miravano a stabilire legami tra il Venezuela e l'Ecuador con la guerriglia. La laptop è un pozzo di San Patrizio che contiene tutto quel che fa comodo ad Uribe.
I fatti, però, dicono che quella laptop è rimasta a lungo nelle mani dei militari colombiani, che poi decisero di affidarla all'Interpol, senza interventi dei Paesi chiamati in causa o neutrali.
L'Interpol dice che la laptop non è stata manomessa, ma non può certificare o escludere se -e quanti- documenti possono essere stati caricati, alterati o rimossi nel periodo in cui è rimasta nelle mani dei servizi segreti dei peones colombiani, e dei loro supervisori degli Stati Uniti.
Il previsto flop della laptop non sorprende: è un arsenale per la propaganda, privo di qualsiasi valore giuridico e legale, che sfida anche il buonsenso comune.
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