martes, 20 de abril de 2010

Venezuela commemora 2 secoli di indipendenza

Tito Pulsinelli
Il Venezuela ha commemorato il Bicentenario della Dichiarazione di Indipendenza dal colonialismo e della nascita come nazione libera. Tale atto scatenò un effetto domino che seppellì il dominio sull'estensione geografica più vasta e ricca della corona spagnola. Da quel 19 aprile 1810, il sole cominciò a tramontare sull'impero della spada e della croce. Dapprima fu un eclisse, poi il buio completo.

Il genio geopolitico ed il talento militare di Bolivar seppe rilanciare ed amplificare le anteriori sollevazioni indigene represse a ferro e fuoco nell'area incaica e -nel momento in cui la indebolita penisola iberica era preda dissanguata dell'invasione napoleonica- sferrò il colpo decisivo. La scintilla di Caracas si propagò all'intero subcontinente e dopo le battaglie decisive di Boyacà, Pichincha, Ayacucho e Carabobo, l'attuale Colombia, Panama, Ecuador, Bolivia e Perù voltarono la pagina.

Quando gli Stati Uniti erano delimitati all'ex "colonia inglese", cioè prima dell'annessione della Florida, Louisiana e della conquista dei territori messicani (California, Texas, Arizona, Colorado e New Messico), Bolivar aveva profeticamente previsto che "Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla Provvidenza a flagellare l'America con fame e miseria in nome della libertà".Il suo progetto era il blocco delle nuove nazioni indipendenti, confederate, senza e contro il nascente espansionismo del Nord.

Così non fu. Le oligarchie di Lima e Bogotà, ieri come oggi, vollero solo rimpiazzare gli iberici in fuga, ereditarne le funzioni dominanti e impedire l'abolizione reale della schiavitù. Sostituirono Washington a Madrid per preservarsi come funzionari neocoloniali di complemento e continuarono a nutrirsi del saccheggio delle riserve naturali e minerarie e -soprattutto- mantenendo lo status subalterno degli amerindi ed afroamericani. Braccia gratuite per le colture delle "nuove spezie" dell'agroexport.

Ieri come oggi, il Venezuela è una piattaforma tettonica che imprime l'impulso e dà il ritmo all'evoluzione che trasforma l'America meridionale. L'accanimento dell'invidiabile macchina mediatica del "pensiero monofasico" occidentale è proteso a sgretolare un modello sociale. Ricolloca lo Stato come elemento centrale che stabilisce le regole, e dispone dei beni strategici del sottosuolo. La sua economia mista, lo Stato sociale riedificato e la conseguente coesione interna diventano uno scomodo punto di riferimento nella latitudine non-industrializzata. Soprattutto ora, quando gli erari pubblici servono solo a capitalizzare le banche. Non le loro vittime.

Non è spiegabile altrimenti il vandalismo mediatico e diplomatico contro un Paese di 25 milioni di abitanti, se non con i bassi istinti onnivori di un "occidente" che mira a trasformare le ultime colonie superstiti (isole dei Caraibi "inglesi", Aruba e Curazao "olandesi", Martinica, Guadalupe e Guyana "francesi", e le Malvine "inglesi") in roccaforti della NATO.

Le élites europee hanno firmato un patto di sangue scellerato (euroNATO) con il calante egemonismo degli USA, all'ombra di un sogno piratesco proiettato verso il nuovo Eldorado: giacimenti di idrocarburi, biodiversità amazzonica, fonti idriche, minerali. E le rotte verso l'Antartide e la sua spartizione.

Il Venezuela eredita la tradizionale capacità strutturante della facciata caraibica, andina ed amazzonica: ossa e sangue del subcontinente americano. Nonchè un accresciuto peso strategico, vista l'importanza decisiva che stanno assumendo il petrolio ed il gas, ed il vigore di un'economia che nell'ultimo decennio ha raddoppiato la sua mole. La coesione sociale interna è la barriera di contenimento principale contro i nuovi pirati in agguato: nessun conflitto religioso, assenza di scontri etnici, di classe o separatismo di sorta.

Dalla dimensione multiculturale e tollerante in cui coesistono i discendenti delle tre radici orginarie (indo, afro ed euro), dei venezuelani per nascita od acquisiti, scaturisce la consapevolezza integrazionista nel nuovo blocco regionale. Indispensabile per il passaggio alla Seconda Indipendenza: dalla sovranità politica a quella economica, scientifica, teconologica.

Il futuro del Venezuela è iscritto all'interno del blocco sudamericano, e affinchè questo non si limiti -o non sia solo- una fusione nell'economia brasiliana (Mercosur), è indispensabile l'asse Caracas-Buenos Aires e la convergenza dell'arco bolivariano (Ecuador, Bolivia). Con funzione di contrappeso e simmetria tra l'elefante carioca e le altre componenti.

1 comentario:

Roberto Antonucci dijo...

Quasi vero. Quasi, perché Le oligarchie di Lima e Bogotà, ieri come oggi, vollero solo rimpiazzare gli iberici in fuga, ereditarne le funzioni dominanti e impedire l'abolizione reale della schiavitù. Sostituirono Washington a Madrid per preservarsi come funzionari neocoloniali di complemento e continuarono a nutrirsi del saccheggio delle riserve naturali e minerarie e -soprattutto- mantenendo lo status subalterno degli amerindi ed afroamericani. In realtà dovevate dire Sostituirono Londra, e poi Washington, a Madrid<

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