Proponiamo un articolo di Roberto Orsi, della London School of
Economics, tratto da affariitaliani.it. In maniera diretta ci dice cosa
sta succendendo in Italia, un evento epocale di impoverimento e
deindustrializzazione che rischia in brevissimo tempo di portarci alla
catastrofe totale, da cui sarà difficile, se non impossibile, rialzarsi.
Il risultato di vent’anni di disastri, certamente condizionati da
Silvio Berlusconi ma in cui il resto della politica nulla ha fatto per
veramente contrapporsi, persa in maneggi, camarille, piccolo cabotaggio.
E che ora, sull’orlo dell’abisso, si intestardisce sulla stessa strada
di sempre…
“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso
perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di
nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una
condizione di desertificazione economica, di incapacità di
gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta
verticale della produzione culturale e di un completo caos politico
istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato
italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta
diminuiti
del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito
pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.
Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per
il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente
miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i
consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico
fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le
probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili.
Per
tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno
martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In
effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del
suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica,
considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più
corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a
una sorta di stagnazione.
Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della
crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e
circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo
dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce.
Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente
degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e
firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai
considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna
pianificazione significativa del futuro della nazione. L’Italia non
avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in
condizioni peggiori.
La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che
l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo
dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli
stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai
partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di
austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE
sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado
(come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa
e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi
confini. Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di
strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione
certa.
L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile
gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione
onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento
e inaffidabile d’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori
fuori dal Paese. Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a
basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di
aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove,
nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende
troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a
sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di
Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino
hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.
La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che
emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in
Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme
alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar
via, o vorrebbe emigrare.
L’Italia è diventato un luogo di saccheggio
demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l’opportunità
di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello
Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non
potranno mai avere in Italia.
L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi – collasso nel 2011,
un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il
Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti
dall’ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri
chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la
stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a
qualsiasi costo.
Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i
partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica,
che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine
repubblicano. L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente
nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi
espressione diretta del Quirinale.
L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere
che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come
salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale
leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare
il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato
la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso
percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della
stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei
partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle
loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno
risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere
una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della
scomparsa dell’Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna.
Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o
Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai
più recuperare.
I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto,
addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a quella posizione
centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo
occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel
Rinascimento.
Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere
una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile)
intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria
comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia.”
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