le sue leggi debbano essere applicate nel resto dei paesi del mondo, in quanto avrebbero un carattere "extraterritoriale".
La Russia ha replicato che le pretese degli USA camuffano in modo maldestro un "tentativo di utilizzare vantaggi geopolitici nella lotta per la competitività" In altre parole, Washington cerca di "garantirsi i propri interessi economici a danno dei suoi alleati". Putin ha preannunciato contromisure di peso equivalente.
Secondo il Financial Times (qui), nella riunione di mercoledì prossimo, la Commissione Europea deciderà la risposta alla mossa-capestro che Trump vuole collocare al collo dell'economia del vecchio continente. Il quotidiano inglese riporta una citazione del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. "Se gli USA hanno la precedenza su tutto, non può significare che gli interessi della UE vengano all'ultimo posto", alludendo al Trumpiano ‘America first’.
La Germania che vede sotto attacco la realizzazione dell'oleodotto sotto il mar Baltico, ha risposto senza peli sulla lingua. Ulrike Demmer, addetto stampa del governo, ha dichiarato che "le sanzioni degli USA non possono avere come bersaglio l'industria europea". In pratica, la Russia è un pretesto per controllare dove -e a chi- gli europei si garantiscono le forniture energetiche.
Più annacquata la reazione della cancelleria francese: "La legge extraterritoriale degli USA, secondo il diritto internazionale, sembra illegale".
Il petrolio rimane l'asse centrale della politica estera di Washington, che subordina ogni altro aspetto al controllo diretto o indiretto di queste risorse che ritiene strategiche. Tutte le guerre e i boycot degli ultimi 15 anni (Iraq, Libia, Iran) sono strettamente vincolate a questa questione. In Siria, la battaglia è per il controllo delle vie di transito e rifornimento verso l'Europa, dove gli USA sono schierati con l'Arabia saudita e le petromonarchie. L'UE, in nome della fobia antirussa imposta dalla NATO, si è svenata inutilmente, poichè gli idrocarburi russi arriveranno nel mediterranea via Turchia.
Attualmente, siamo al punto in cui il "nazionalismo economico" USA gioca questa carta truccata, per ricavarne convenienze immediate e continuare ad essere il controllore dei rubinetti del gas che autorizzano ad arrivare nella penisola occidentale europea.
La politica estera della Casa Bianca è nelle mani del clan petrolifero, con una rotta tracciata da tempo, cui imprime una spericolata velocità. Non salva nemmeno le apparenze e passa al borseggio degli europei. Allunga la lista dei nemici, smania per avventurarsi in Venezuela e stavolta -a corto di immaginazione- si muoverebbe per proibire un.... referendum (sic). L'Europa, sembra che voglia esser causa del proprio male: trangugerà anche questa cucchiaiata di veleno solitamente somministrata ai "sottosviluppati"?
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