viernes, 12 de junio de 2009

I leoni ipocriti


Dell'anticolonialismo, dell'anti-italianismo e dei gargarismi "politicamente corretti"

Tito Pulsinelli
La memoria è corta, anzi è nulla, e tale vorrebbero che restasse. Eternamente sommersa in un Alzheimer storico che facesse evaporare nel nulla cosmico la barbarie coloniale, i campi di concentramento, l’uso di armi chimiche, le vessazioni contro la popolazione non-combattente della Libia.

In modo trasversale si sono ritrovati fianco a fianco –senza stupirsene- la gente di sponde opposte, unite dall’ecumenismo di classificare come “anti-italiano” un protagonista rilevante della resistenza contro il colonialismo. Omar al-Muktar è “anti-italiano” come Silvio Pellico era “anti-austriaco”, entrambi partigiani dell’indipendenza anti-imperiale.

Dacchè negli anni 80, l’ortodossia anglosassone dei “diritti umani” -o individuali- ha cercato di soppiantare i diritti sociali, quelli storici e quelli naturali, non si differenzia più tra classi dirigenti e popoli, tra i capi e le nazioni che dirigono. Si fa d’ogni erba un fascio e d’ogni fascio una pagliuzza.

Dietro il “políticamente corretto” vi è l’ ipocrisia occidentale dell’auto-assoluzione, automatica e tracotante, e la scomunica sprezzante e permanente ai Paesi periferici che non sono cedevoli. Le accuse ai loro dirigenti, governi e istituzioni diventano il pretesto per embarghi, "zone di esclusione aerea" e sanzioni unilaterali. Fino a giustificare le bombe su Belgrado o
l’annichilimento dell’antica Mesopotamia.

La Libia non può essere ridotta al suo attuale capo di Stato, così come l’Italia non è circoscrivibile al Primo Ministro Berlusconi. Sia l’uno che l’altro non rappresentano la totalità dei due popoli.

Siccome il mondo gira, oggi è l’Italia ad aver bisogno degli idrocarburi e del mercato interno della Libia, e questa è in condizione di esigere riparazioni materiali e morali. Secondo giustizia e buonsenso. L’identità e l’orgoglio nazionale o etnico –checchè ne dicano le menti “globalizzate”- esiste ed è una leva, poderosa come la dignità umana.

I post-fascisti al governo hanno dovuto trangugiare l’amaro calice e piegarsi in nome dei superiori interessi futuri della nazione italiana. Va dato atto. I post-comunisti ed affini si arrampicano sugli specchi, e schizofrenicamente mostrano connivenza con macchie storiche di cui non hanno nessuna responsabilità. Misteri della politica.

La scenificazione dell’ostilità contro il capo di un Paese che viene a siglare un patto reciprocamente vantaggioso, non è la medesima dispiegata contro Obama. Eppure costui ha ammesso che il suo Paese fa tuttora uso della tortura e conduce guerre criminali. Le forze armate della Libia non sono impegnate all'esterno delle proprie frontiere. Due pesi, due occhiali con differenti diottrie per inquadrare la realtà. Misteri del “politicamente corretto”.

Il futuro della Libia, dell’Italia o degli Stati Uniti è un affare che compete esclusivamente ai loro cittadini. La non interferenza nei problemi interni altrui, è un principio negato dai poderosi, dai Golia o dalle dottrine della superiorità “occidentale”. Naturalmente sempre ai danni dei più piccoli e deboli.

E’ paradossale che coloro cui è stato proibito dalla censura di vedere sugli schermi “Il leone del deserto” possano ridicolizzare, dare lezioni di democrazia a spanna, o coprirsi con la foglia di fico della “anti-italianità”. Per non rischiare il ridicolo è gradita un pò di coerenza. Per evitare il masochismo, un pò di realismo non guasterebbe (1).

(1)
Importiamo da essa il 25% del nostro petrolio e poco meno del 10% del gas. La Libia dispone di grandi risorse energetiche non completamente sfruttate per le sanzioni alle quali è stata sottoposta. Le nuove tecnologie aumenteranno la sua produzione. Ad esempio quella di petrolio – che oggi è poco più di 2 milioni di barili/giorno – supererà i 3 milioni nel 2015. l’Italia è il primo partner commerciale della Libia, seguita dalla Germania e dal Regno Unito.

...vi è un altro settore per il quale la Libia è molto importante per l’Italia. E’ quello degli investimenti del fondo sovrano libico, che ammonta a 60-100 mld di dollari…la Libia è già presente in Eni e Unicredit. Sono allo studio investimenti in Telecom Italia. Potrebbe intervenire anche nella realizzazione delle grandi infrastrutture previste in Italia…” Carlo Jean

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