domingo, 28 de junio de 2009

Messico: Femminicidio, una guerra nascosta (parte 3)

Al di sopra di ogni sospetto
"Non c’è niente di potenzialmente più sporco di una guerra nascosta”
Susan Sontag

Clara Ferri
Il 25 febbraio 2007 l’indigena nahua Ernestina Ascencio Rosario, di 73 anni e residente a Soledad Atzompa, nella Sierra Zongolica, nello stato orientale di Veracruz, torna a casa sanguinante, dicendo ai propri figli di esser stata assalita e violentata per via vaginale e anale da un gruppo di soldati, presenti nella zona per operazioni antinarco –le sue testuali parole sono: «Pinome xoxoque no pan omotlamotlaque» («dei soldati vestiti di verde mi sono venuti addosso»).

Giunta all’ospedale, muore dissanguata. Viene praticata un’autopsia dal medico forense dello Stato di Veracruz e stranamente sono convocate ad assisterlo le autorità della Sedena. In un comunicato postumo all’autopsia, la Sedena afferma di aver mandato il campione del “liquido eminale del corpo” rilevato alla Procuraduría General de la República (PGR) per essere esaminato e successivamente confrontato con il DNA dei soldati assegnati a quella zona.

In un altro comunicato, il numero 19, accusa un gruppo di sconosciuti di essersi vestiti da militari e di aver commesso lo stupro per istigare la popolazione contro l’esercito. Un soldato viene arrestato ed altri due sono messi agli arresti domiciliari a Puebla per il presunto delitto di violenza carnale nei confronti dell’anziana.

Cresce a livello nazionale l’indignazione e il ripudio alla presenza dell’esercito in varie zone del paese; esso costituisce il principale baluardo del governo del neopresidente Felipe Calderón, carente di legittimità e di autorità, dato il forte sospetto di esser salito al potere grazie a una frode elettorale, nutrito attualmente da almeno il 43,4% della popolazione.

Il 28 febbraio José Luis Soberanes della CNDH dichiara di farsi carico del caso, generando un fatto inedito: non rientra nelle sue competenze farlo e nemmeno pronunciarsi durante un’investigazione ancora in corso, ma solo a indagini concluse, prima che vengano archiviate.

Il sospetto di forti pressioni governative diventa sempre più una certezza, quando lo stesso presidente, Felipe Calderón, il 13 marzo afferma in technicolor che «Ernestina Ascencio è morta di una gastrite cronica trascurata». È evidente che per lui sia estrememente importante evitare una delegittimazione dell’apparato militare, che gli garantisce governabilità e a cui ha già assegnato il compito titanico di combattere il narcotraffico, quello che sembra diventare il suo principale cavallo di battaglia e che fino a maggio 2008 ha causato più di 4 mila esecuzioni17 .

È forse per quello che la prima azione del suo governo è aumentare il finanziamento per le forze militari di 4 milioni di pesos, tagliando invece quello all’educazione e alla cultura. Il 18 marzo la CNDH, dopo aver riesumato il corpo e rifatto l’autopsia, dichiara che la vittima non è morta dissanguata per stupro, bensì per «un’anemia acuta» dovuta a «ulcere gastriche peptiche», e che non esistono segni di violenza nella regione vaginale, né rettale.
Inizia una vera e propria guerra di dichiarazioni tra le autorità giudiziarie ed esecutive dello Stato di Veracruz e quelle federali, dalla quale risulta vincitrice la teoria governativa: la Procuraduría General de Justicia del Estado de Veracruz passa dal sostenere a spada tratta la versione della violenza carnale -dichiarando di aver persino consegnato 4 campioni di liquido seminale alla stessa CNDH- a sospendere i tre periti incaricati della prima autopsia (30 marzo) e, infine, a dare un voltafaccia completo, asserendo il 30 aprile che la violenza carnale non si è mai verificata.
La famiglia di Ernestina viene tatticamente isolata, si parla addirittura della “sparizione” dei suoi figli.
Amnesty International chiede al governo messicano di riaprire il caso, che verrà portato anche davanti all’Alto Commissionato delle Nazioni Unite, a Human Rights Watch e alla CIDH.

Altre violenze nella Sierra Zongolica
E come se non bastasse, nei mesi successivi sono stati registrati altri due femminicidi con violenza sessuale di gruppo nei confronti di due donne indigene della stessa regione.
Il 21 maggio 2007 viene ritrovato il cadavere nudo con segni di tortura (una cintura da uomo attorno al collo, pezzi di tela in bocca e quattro coltellate nel corpo) di Adelaida Amago Aguas, indigena nahua di 38 anni abitante della Sierra Zongolica. La donna, madre di cinque figli, era membro del Consiglio Radiofonico Indigeno Nahua e si occupava della gestione dei progetti produttivi presso la Commissione Nazionale per lo Sviluppo dei Popoli Indigeni.

Il 25 maggio 2007 nei pressi della comunità di San José Independencia, nella Sierra de Zongolica, il corpo di Susana Xocohua Tezoco, indigena nahua di 64 años, viene trovato da alcuni contadini in un campo di granoturco: giace nudo, con le gambe aperte e molti lividi su collo, gambe e braccia. Il Pubblico Ministero, Alejandrino Arroyo Martínez, si rifiuta di aprire un’indagine per omicidio ed afferma che la signora è morta di un tumore maligno, negandosi a praticare l’autopsia sul cadavere. Alle richieste di maggiori investigazioni da parte dei parenti, risponde con la minaccia di arrestarli.

Il marito afferma che la donna presentava segni di violenza carnale. La famiglia richiede l’intervento della Procura Generale di Giustizia dello Stato di Veracruz per riesumare il cadavere e praticare la mancata autopsia, che però poi viene affidata ad autorità di Città del Messico per garantire maggiore imparzialità ed autonomia. Le investigazioni concludono come sempre con la negazione dello stupro e l’archiviazione definitiva del caso.
Locutrici triquis assassinate
La lista si conclude, almeno per il momento, con il duplice femminicidio che ha molto commosso di Teresa Bautista Merino e Felícitas Martínez Sánchez, locutrici triquis di 22 e 20 anni della radio comunitaria in lingua indigena “La voz que rompe el silencio”, del Municipio Popolare di San Juan Copala, nello Stato di Oaxaca. I

Il 7 aprile 2008 le due locutrici –aderenti alla APPO- si accingevano a recarsi a Oaxaca all’Incontro Statale per la Difesa dei Diritti dei Popoli di Oaxaca, dove avrebbero coordinato la tavola rotonda “Comunicazione comunitaria e alternativa: radio comunitarie, video, stampa, internet”, quando sono state uccise con 20 colpi d’arma da fuoco da un gruppo di paramilitari. Ovviamente i due crimini sono rimasti impuni.
Pur non trattandosi di crimini compiuti con tecniche di abuso sessuale, vanno a sommarsi alla lunghissima lista di femminicidi di cui il Messico detiene tristemente il primato mondiale

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