lunes, 13 de diciembre de 2010

Generali colombiani parlarono con l'Ambasciata USA del massacro dei "falsi guerriglieri"

Ufficiali di alto rango dell'esercito colombiano, in varie conversazioni private con l'ambasciatore Brouwnfield ammettevano tranquillamente che si stava propagando la pratica dei sequestri a catena di giovani e dei "falsi guerriglieri" uccisi nei conflitti a fuoco. In un cable del settembre del 2008, viene segnalata l'uccisione di ben 16 "falsi guerriglieri" nella località di Soacha, nella Colombia centrale. 
C'è di più, si riconosce che il "problema delle esecuzioni extra-giudiziarie si sta diffondendo" e arrecherebbe "incalcolabili danni" alla reputazione delle forze armate. In una nota rivelata da Wikileaks, si evidenzia che
Oscar González, comandante generale dell'esercito, venne accusato direttamente di fronte all'ambasciatore degli Stati Uniti di "aver impedito un'indagine per abuso militare" all'ispettore generale dello stesso corpo. 


L'ispettore Carlos Suárez informò che il conteggio  dei "giovani giustiziati" serviva per diffondere l'idea del successo delle attività antiguerrigliere, e questo portò a stragi come quella di Soacha. Questa pratica che colpiva a casaccio, nel mucchio, ebbe origine nella quarta brigata di Medellin, comandata dal generale Mario Montoya, e divenne lugubramente celebre come "falsos positivos". Questa violazione sistematica di diritti fondamentali -come quello alla vita della popolazione civile- secondo l'ambasciata USA creò una falsa "illusione di successo", e si propagò fulmineamente.


In sostanza, i militari moltiplicarono i sequestri di giovani nelle periferie urbane, che venivano poi rinvenuti in lontane zone rurali della Colombia, vestiti da guerriglieri e con colpi di arma da fuoco nei corpi. Si diramavano comunicati su inesistenti conflitti a fuoco con la guerriglia e ...passavano a ritirare le taglie. L'ambsciata USA ne era a conoscenza, il comando centrale pure, ma la sinistra matanza dilagava nell'impunità totale. Tutti i generali venivano poi trasferiti all'estero nel servizio diplomatico a coprire, minimizzare o irridere le denuncie di violazione dei diritti fondamentali dell'uomo.



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