Di Martin Iglesias - Osservatorio Selvas.org
4 Agosto 2011
Ubi cadaver, ibi aquila - Dove c'è il cadavere volano gli avvoltoi. Può essere questa la locuzione più appropriata per tentare di dare un senso a questo periodo di incertezze economiche mondiali? La mancanza di tenuta e di affidabilità dell’economia per eccellenza dell’ultimo mezzo secolo, gli Stati Uniti d’America e la moneta unica mondiale, il dollaro, scatena la caccia allo speculatore come fosse un alieno piuttosto che, come ovvio che sia, una naturale evoluzione insita nel nostro sistema economico.
Le agenzie di rating si trasformano dunque, da consulenti affidabili e fonti d’ispirazione per politiche economiche mondiali a pericolo pubblico, pirati della valutazione insider trading o avvoltoi che bramano la carogna per alimentarsene.
L’Europa monetaria, che è al giro di boa di una difficile prova di resistenza e credibilità di coesione politica dopo l’allargamento a 27 Stati, si sente soffocare dalle spire delle agenzie private che per anni ha sdoganato come un valore aggiunto per il bene pubblico, arrivando, per ora solo singolarmente, a tentare azioni giudiziarie contro il monopolio dei tre colossi anglosassoni. Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s, che da sole controllano il 90% del mercato con oltre 2 miliardi di dollari di profitti annui, sono state denunciate da autorità di Germania, Austria, Spagna, Portogallo e persino Italia, con accuse di speculare sulle crisi locali. Anche l’Europa politica demanda alle magistrature la funzione di riparare i guasti, o rimediare consensi, di un omissione di previsione, della carenza assoluta di utilizzare la politica con una visione seppur minima del medio e lungo termine: non vedo - non sento - non parlo, sono il riassunto di anni di legislazioni comunitarie. Torna perciò attuale, come un monito purtroppo, la sempreverde domanda di Bobbio “Chi controlla i controllori?”. In particolare bisognerebbe aggiungere come controllare i controllori, viste le scarse soluzioni fin’ora adottate e la manifesta non volontà della politica addirittura di affrontare il problema, oltre le fumose dichiarazioni.
Indubbiamente, visto le attuali proporzioni del mercato planetario, sarebbe utile per tutti, ed in particolare per i nostri legislatori, rileggere la decade del ‘90, gli anni detti anche delle Tigri Asiatiche e di come il cosiddetto occidente si stupì dell’impatto violento della globalizzazione finanziaria. Ma d’altronde potremmo forse pretendere di trarre insegnamento da uno tzunami finanziario che colpì e affondò milioni di persone, quando queste erano per la maggior parte asiatiche e non occidentali? L’esperienza di quegli anni doveva portare a considerare le nuove entità economiche extranazionali come una sfida politica, addirittura come una potenza che in contrapposizione avrebbe potuto mettere a rischio le sovranità nazionali.
Ora, pare non ci resti che stare a scrutare il cielo con lo sguardo, alla ricerca delle grandi ali degli avvoltoi che veleggiano sulla prossima vittima, e prendere atto seriamente, a questo punto, ogni singola dichiarazione d’intenzione dei capitani delle agenzie di rating, considerandole confessioni pre-delitto. L’informazione e la politica sono chiamate, con le rispettive responsabilità, a interrompere il digiuno intellettuale e le omissioni di approfondimento a proposito del sistema economico attuale, e intraprendere, anche se in ritardo, un serio dibattito costruttivo sulle forme alternative di convivenza globale.
Impossibile a questo proposito nascondere e non suggerire l’articolo scritto dal Presidente di Goldman Sachs Asset Management, Jim O’Neill, pubblicato da “The Moscow Time” il 2 agosto scorso (qui) e non ripreso dalle principali agenzie internazionali di informazione. In questa sua analisi dal titolo eloquente “Pronti per un secolo di BRIC”, O’Neill configura lo spostamento delle attenzioni delle agenzie finanziarie sul nuovo asse formato dai cosiddetti Paesi emergenti (Brasile, Russia, India, Cina - curiosamente omettendo il Sudafrica), che rischiano di essere, secondo tutti i dati, gli unici a essere “emersi”, mentre le altre economie - UE e USA - affondano e perdono di interesse e attrattività.
Tra le altre dichiarazioni d’intenti dello stesso O’Neill, risuona tragicamente pragmatica dal suo punto di vista, l’opinione e il suggerimento verso il disinteresse della crisi greca, essendo questa economia nel suo volume totale, “solo un terzo dell’aumento di Prodotto Interno Lordo previsto per quest’anno della Cina”: come dire “per Atene non val bene neppure una Messa”. Europa avvisata…
Segue l’articolo di J.O’Neill
Pronti per un secolo BRIC
Pronti per un secolo BRIC
Fonte: The Moscow Time
http://www.themoscowtimes.com/opinion/article/ready-for-a-bric-century/441453.htmlDi Jim O'Neill (Presidente di Goldman Sachs Asset Management)
Nel settore dell'economia e degli investimenti, ci sono molte persone che professano di avere la palla di cristallo attraverso la quale dare forma al futuro. Ma non ho mai posseduto una sfera di cristallo e sono sempre stato scettico di fronte al facile consenso.
Guardando indietro, ai primi sei mesi del 2011, abbiamo sperimentato le primavere arabe, il dramma in corso della zona euro, la tragedia in Giappone, il rallentamento dell'economia mondiale, il superando del Giappone da parte della Cina che diventa la seconda più grande economia mondo. Questi sono tempi imprevedibili, e dai miei 30 anni nel mercato finanziario, ho imparato che la gente teme il peggio quando c'è incertezza.
Secondo me, l'incertezza sulla direzione dei mercati, significa che dobbiamo concentrare la nostra attenzione su dove le sacche di valore offrono ancora qualcosa sui temi in cui crediamo.
La storia dei mercati in crescita rimane centrale al mio modo di pensare nel vicino e nel lungo termine. è interessante guardare indietro ai criteri di Maastricht e vedere quello che i paesi della Zona Euro devono attualmente soddisfare per confrontarsi con i mercati in crescita del mondo. All'interno della Zona Euro, un solo paese soddisfa Maastricht: la Finlandia.
Nel frattempo, i paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) e altri quattro mercati in crescita come Messico, Indonesia, Corea del Sud e Turchia, tutti soddisferebbero i criteri originali. Quanto tempo ci vorrà per gli investitori ad accettare che i mercati cosiddetti in crescita sono in realtà fiscalmente più prudenti e finanziariamente più in forma che nel cosiddetto mondo occidentale?
I BRIC sono già tra le 10 maggiori economie del mondo e potrebbero rappresentare quattro delle cinque maggiori economie mondiali entro il 2050. Insieme con gli altri quattro mercati in crescita, potrebbero contribuire per il 60 per cento del prodotto interno lordo mondiale. Da questo punto di vista, sembra folle che tanti, nel mondo occidentale, si facciano ossessionare dalla Grecia. Solo quest'anno, la Cina produrrà una nuova crescita del PIL di oltre 900 miliardi di dollari, che è tre volte il totale del volume dell'economia della Grecia, e la sola crescita delle importazioni è stimata come l'intera economia greca.
Per quanto riguarda l'attuale perdita di slancio per l'economia mondiale, il principale fattore che ha causato i recenti aumenti dei prezzi delle materie prime e l'interruzione della catena di forniture sarebbe a seguito del terremoto giapponese. Ci sono, anche, alcuni segnali che indicano che l'impatto negativo di questi eventi ormai si va dissipando. Una domanda fondamentale è se una forte ripresa possa essere sostenuta una volta che questi fattori negativi siano scomparsi, soprattutto a causa della corrispondente stretta fiscale nei mercati in crescita.
Guardando avanti al secondo semestre dell'anno, l'inflazione cinese mi sembra la questione più importante. Quest'anno, dinamica di crescita della Cina è rallentata, e la politica del governo cinese è ora esplicitamente sulla qualità piuttosto che la quantità di crescita. Ancor più significativo è che, durante il suo recente viaggio in Europa, il primo ministro cinese Wen Jiabao ha stimolato una nota di ottimismo sull'inflazione. Al di là del beneficio ciclico nel controllo dell'inflazione, la moderazione della Cina potrebbe anche fornire sollievo per i mercati delle materie prime, sia nel breve termine e sia nel lungo termine, e migliorare le prospettive per i titoli azionari.
Nel cosiddetto mondo sviluppato, gli Stati Uniti sono stati colpiti da incertezze continue sullo stato del mercato del lavoro, le abitazioni e il bilancio. Le condizioni finanziarie rischiano di restare a livelli molto accomodanti negli Stati Uniti. Come risultato, ci si può aspettare più pressioni inflazionistiche. La sfida principale strutturale per gli Stati Uniti è il consumo domestico. Il fatto è, però, che il consumatore americano non può da solo sostenere la crescita - nazionale o mondiale - nella misura in cui lo ha fatto in passato. Ma mentre i consumi interni si sono ridotti, c'è stato un rapido aumento della quota di mercato con la crescita delle esportazioni statunitensi. Se questo aumento sarà sostenuto, non si può escludere che il miglioramento nel suo bilancio possa in parte compensare il declino del consumo.
Date le sfide a medio termine degli Stati Uniti, la rilevanza dei mercati globali in crescita non è mai stata più importante per l'economia mondiale. Per quanto riguarda il quadro generale, la sfida per tutti noi è quello di rimuovere da noi stessi i pregiudizi di una "casa-mercato" e cercare di vedere il mondo per quello che è realmente - un mondo in cui i mercati in crescita sono alla base di tutti i temi principali di investimento e di opportunità. Comprendere e rispondere a questo nuovo mondo è una sfida che va ben oltre la seconda metà del 2011.
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