libreidee Se avete a cuore il vostro cibo, la vostra salute e la stessa
sicurezza finanziaria, la vostra e quella della vostra famiglia, così
come le tasse che pagate, lo stato del pianeta e della stessa democrazia, ci sono pessime notizie: un gruppo di golpisti ha preso il potere
e ormai domina il pianeta. Legalmente: perché le nuove leggi che
imbrigliano i popoli, i governi e gli Stati se le sono fatte loro, per
servire i loro smisurati interessi, piegando le democrazie con l’aiuto
di “maggiordomi” travestiti da politici. La grande novità si chiama:
“ascesa di autorità illegittima”. Parola di Susan George, notissima
sociologa franco-statunitense, già impegnata
nel movimento no-global e
al vertice di associazioni mondiali come Greenpeace. I governi legali,
quelli regolarmente eletti, ormai vengono di fatto «gradualmente
soppiantati da un nuovo governo-ombra, in cui enormi imprese
transnazionali (Tnc) sono onnipresenti e stanno prendendo decisioni che
riguardano tutta la nostra vita quotidiana». L’Europa è già completamente nelle loro mani, tramite i tecnocrati di Bruxelles, i subdoli “inventori” dell’aberrante euro. Ma anche nel resto del mondo la libertà ha le ore contate.
I nuovi oligarchi, spiega la George nell’intervento pronunciato al
Festival Internazionale di Ferrara, ottobre 2013, possono agire
attraverso le lobby o oscuri
“comitati di esperti”, attraverso organismi ad hoc che ottengono
riconoscimenti ufficiali. Talvolta operano «attraverso accordi negoziati
in segreto e preparati con cura da “executive” delle imprese al più
alto livello». ù
Sono fortissimi, arrivano ovunque: «Lavorano a livello
nazionale, europeo e sovranazionale, ma anche all’interno delle stesse
Nazioni Unite, da una dozzina di anni nuovo campo di azione per le
attività delle “corporate”». Attenzione, averte la George: «Non si
tratta di una sorta di teoria paranoica della cospirazione: i segni sono
tutti intorno a noi, ma per il cittadino medio sono difficili da
riconoscere». Questo, in fondo, è il “loro” capolavoro: «Noi continuiamo
a credere, almeno in Europa,
di vivere in un sistema democratico». Non è così, naturalmente. Le sole
lobby ordinarie, rimaste «ai margini dei governi per un paio di
secoli», ormai «hanno migliorato le loro tecniche, sono pagate più che
mai e ottengono risultati».
Negli Stati Uniti, le lobby devono almeno dichiararsi al Congresso,
dire quanto sono pagate e da chi. A Bruxelles, invece, «c’è solo un
registro “volontario”, che è una presa in giro, mentre 10-15.000
lobbysti si interfacciano ogni giorno con la Commissione Europea e con
gli europarlamentari». Che fanno? «Difendono il cibo-spazzatura, le
coltivazioni geneticamente modificate, prodotti nocivi come il tabacco,
sostanze chimiche pericolose o farmaci rischiosi».
In più, «difendono i
maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra», oltre
naturalmente ai loro clienti più potenti: le grandi banche.
Meno conosciuti delle lobby tradizionali, cioè quelle favorevoli a
singole multinazionali, sono in forte crescita specie nel comparto
industriale le lobby-fantasma, solitamente definite “istituti”,
“fondazioni” o “consigli”, spesso con sede a Washington. Sono pericolose
e subdole: pagano esperti per influenzare l’opinione pubblica, fino a negare l’evidenza scientifica, per convincere i consumatori del valore dei loro prodotti-spazzatura.
A Bruxelles il loro dominio è totale: decine di “comitati di esperti”
preparano regolamenti dettagliati in ogni possibile settore. «Dalla
metà degli anni ’90 – accusa Susan George – le più grandi compagnie
americane dei settori bancario, pensionistico, assicurativo e di
revisione contabile hanno unito le forze e, impiegando tremila persone,
hanno speso 5 miliardi dollari per sbarazzarsi di tutte le leggi del New
Deal, approvate sotto l’amministrazione Roosevelt negli anni ’30»,
tutte leggi «che avevano protetto l’economia
americana per sessant’anni».
Un contagio: «Attraverso questa azione
collettiva di lobbying, hanno guadagnato totale libertà per trasferire
attività in perdita dai loro bilanci, verso istituti-ombra, non
controllati». Queste compagnie hanno potuto immettere sul mercato e
scambiare centinaia di miliardi di dollari di titoli tossici “derivati”,
come i pacchetti di mutui subprime, senza alcuna regolamentazione.
«Poco è stato fatto dopo la caduta di Lehman Brothers per regolamentare
nuovamente la finanza.
E nel frattempo, il commercio dei derivati ha raggiunto la cifra di 2
trilioni e 300 miliardi di dollari al giorno, un terzo in più di sei
anni fa».
Quello illustrato da Susan George, nell’intervento tenuto a Ferrara e ripreso da “Come Don Chisciotte”,
è un viaggio nell’occulto. «Ci sono organismi come l’International
Accounting Standards Board, sicuramente sconosciuto al 99% della
popolazione europea».
E’ una struttura di importanza decisiva, di cui
non parla mai nessuno. Nacque con l’allargamento a Est dell’Unione
Europea, per affrontare «l’incubo di 27 diversi mercati azionari, con
diversi insiemi di regole e norme contabili». Ed ecco, prontamente,
l’arrivo dei soliti super-consulenti, provenienti dalle quattro maggiori
società mondiali di revisione contabile. In pochi anni, il gruppo «è
stato silenziosamente trasformato in un organismo ufficiale, lo Iasb».
E’ ancora formato dagli esperti delle quattro grandi società, ma adesso
sta elaborando regolamenti per 66 paesi membri, tra cui l’intera Europa.
Attenzione: «Lo Iasb è diventato “ufficiale” grazie agli sforzi di un
commissario Ue, il neoliberista irlandese Charlie MacCreevy».
Commissario dell’Ue, cioè: “ministro” europeo, non-eletto da nessuno. E
per di più, egli stesso esperto contabile. Naturalmente, ha potuto agire
sotto la protezione di Bruxelles, cioè «senza alcun controllo
parlamentare». L’alibi?Il solito:
la Iasb è stato presentato come un’agenzia «puramente tecnica». La sua
vera missione? Organizzare, legalmente, l’evasione fiscale dei
miliardari.
«Fino a quando non potremo chiedere alle imprese di adottare bilanci
dettagliati paese per paese, queste continueranno a pagare – abbastanza
legalmente – pochissime tasse nella maggior parte dei paesi in cui hanno
attività». Le aziende, aggiunge la sociologa, possono collocare i loro
profitti in paesi con bassa o nessuna tassazione, e le loro perdite in
quelli ad alta fiscalità. Per tassare in maniera efficace, le autorità
fiscali hanno bisogno di sapere quali vendite, profitti e imposte sono
effettivamente di competenza di ciascuna giurisdizione. «Oggi questo non
è possibile, perché le regole sono fatte su misura per evitare la
trasparenza».
E quindi: «Le piccole imprese nazionali o famigliari, con
un indirizzo nazionale fisso, continueranno a sopportare la maggior
parte del carico fiscale». Susan George ha contattato direttamente lo
Iasb per chiedere se una rendicontazione dettagliata, paese per paese,
fosse nella loro agenda. Risposta: no, ovviamente. «Non c’è di che
stupirsi. Le quattro grandi agenzie i cui amici e colleghi fanno le
regole, perderebbero milioni di fatturato, se non potessero più
consigliare i loro clienti sul modo migliore per evitare la tassazione».
L’altro colossale iceberg che ci sta venendo addosso, dal luglio
2013, si chiama Ttip, cioè Transatlantic Trade and Investment
Partnership. In italiano: protocollo euro-atlantico
su commercio e investimenti. «Questi accordi definiranno le norme che
regolamenteranno la metà del Pil mondiale – gli Stati Uniti e l’Europa». Notizia: le nuove regole di cooperazione euro-atlantica
«sono in preparazione dal 1995», da quando cioè «le più grandi
multinazionali da entrambi i lati dell’oceano si sono riunite nel
Trans-Atlantic Business Dialogue», la maggiore lobby dell’Occidente,
impegnata a «lavorare su tutti gli aspetti delle pratiche regolamentari,
settore per settore». Il commercio transatlantico ammonta a circa 1.500
miliardi di dollari all’anno. Dov’è il trucco?
In apparenza, si
negozierà sulle tariffe: ma è un aspetto irrilevante, perché pesano
appena il 3%. Il vero obiettivo: «Privatizzare il maggior numero
possibile di servizi pubblici ed eliminare le barriere non tariffarie,
come per esempio i regolamenti e ciò che le multinazionali chiamano
“ostacoli commerciali”». Al centro di tutti i trattati commerciali e di
investimento, c’è «la clausola che consente alle aziende di citare in
giudizio i governi sovrani, se la società ritiene che un provvedimento
del governo danneggi il suo presente, o anche i suoi profitti “attesi”». Governi sotto ricatto: comandano loro, i Masters of Universe.
Il Trans-Atlantic Business Dialogue, la super-lobby che ha incubato il trattato euro-atlantico,
ora ha cambiato nome: si chiama Consiglio Economico Transatlantico. E
non si nasconde neppure più. Ammette qual è la sua missione: abbattere
le regole e piegare il potere
pubblico, a beneficio delle multinazionali. Si definisce apertamente
«un organo politico», e il suo direttore afferma con orgoglio che è la
prima volta che «il settore privato ha ottenuto un ruolo ufficiale nella
determinazione della politica pubblica Ue-Usa».
Questo trattato, se approvato secondo le intenzioni delle Tnc,
includerà modifiche decisive sui regolamenti che proteggono i
consumatori in ogni settore: sicurezza alimentare, prodotti farmaceutici
e chimici.
Altro obiettivo, la “stabilità finanziaria”. Tradotto: la
libertà per gli investitori di trasferire i loro capitali senza
preavviso. «I governi – aggiunge la George – non potranno più
privilegiare operatori nazionali in rapporto a quelli stranieri per i contratti di appalto», e il processo negoziale «si terrà a porte chiuse, senza il controllo dei cittadini».
E come se non bastasse l’infiltrazione nel potere esecutivo, in quello legislativo e persino nel potere
giudiziario, le multinazionali ora puntano direttamente anche alle
Nazioni Unite. Già nel 2012, alla conferenza Rio + 20 sull’ambiente, i
super-padroni formavano la più grande delegazione, capace di allestire
un evento spettacolare come il “Business Day”. «Siamo la più grande
delegazione d’affari che mai abbia partecipato a una conferenza delle
Nazioni Unite», disse il rappresentante permanente della Camera di
Commercio Internazionale presso l’Onu. Parole chiarissime: «Le imprese
hanno bisogno di prendere la guida e noi lo stiamo facendo».
Oggi,
conclude Susan George, le multinazionali arrivano a chiedere un ruolo
formale nei negoziati mondiali sul clima. «Non sono solo le dimensioni,
gli enormi profitti e i patrimoni che rendono le Tnc pericolose per le
democrazie. È anche la loro concentrazione, la loro capacità di
influenzare (spesso dall’interno) i governi e la loro abilità a operare
come una vera e propria classe sociale che difende i propri interessi
economici, anche contro il bene comune». E’ un super-clan, coi suoi
tentacoli e i suoi boss: «Condividono linguaggi, ideologie e obiettivi
che riguardano ciascuno di noi». Meglio che i cittadini lo sappiano. E i
politici che dovrebbero tutelarli? Non pervenuti, ovviamente.
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