Sergio Rossa
La chiusura, seppur momentanea, del complesso metallurgico della Doe Run Perù e le vacanze forzate a cui hanno dovuto sottomettersi i suoi lavoratori, hanno cambiato l’aspetto della città di La Oroya. Molte persone sono ritornate ai paesi d’origine; chi è rimasto deve tirare la cinghia per far quadrare i bilanci familiari ridotti del 40% a causa del taglio agli stipendi imposto dall’impresa.
Evidentemente il commercio ed i servizi ne soffrono. Il volume d’affari dei commercianti e dei trasportatori si è ridotto dal 30 al 50% rappresentando un problema nel problema. Il Comitato di Difesa di La Oroya ha chiesto ufficialmente al Governo centrale di dichiarare la città in emergenza, con la creazione di sussidi per i lavoratori e un’amnistia tributaria.
In presenza di un simile scenario è iniziata la caccia alle streghe. Nel caso specifico le streghe sono le persone di buona volontà, i pacifisti e gli ambientalisti. Monsignor Pedro Barreto, arcivescovo di Huancayo e coordinatore del Tavolo Ambientale di Dialogo della regione Junín, per mantenere ferma la sua posizione contro la proroga del Programma di Adeguamento e Monitoraggio Ambientale (e sarebbe la quinta volta che l’impresa la chiede), è stato fatto segno di minacce e parole grosse da parte di alcuni dirigenti dei lavoratori della fonderia, aizzati probabilmente dalla direzione Doe Run.
Significa che i lavoratori sono disposti a continuare a rimpinzare sé stessi e le proprie famiglie di piombo e di metalli pesanti, pur di ottenere il 100% di stipendio tutti i mesi. Significa quindi che sono proprio i lavoratori che permettono all’impresa di fare il bello e il cattivo tempo. Questa è la vera tragedia di La Oroya e dell’intero Perù.
Non è dunque un caso che piccoli e grandi impresari minerari minaccino apertamente, e addirittura con il beneplacito delle autorità, gli ambientalisti ed i dirigenti delle comunità native perché questi esigono da loro un adeguato maneggio ambientale (che evidentemente costa soldi). E non è un caso che al Governo ci siano persone che fanno gli interessi delle grandi imprese e non dei peruviani.
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